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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Archive for agosto, 2009

Tolleranza zero per i “parlatori sopra”

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agosto 11th, 2009 Posted 20:52

"Oche mute" - foto di Silvia CastellaniQuando parlo con le persone ipotizzo che vi sia un dialogo e mantengo un tono pacato che tanto è inutile urlare. Le persone non sono idiote, non tutte almeno e non completamente. Perciò non serve urlare. Soprattutto non serve anticipare e ancor più non serve pontificare sull’ovvio. Questa è la mia linea d’azione (perchè con i tempi che corrono una linea d’azione necesse est, sicut navigare) che mi piacerebbe fossimo in molti ad adottare. Ad oggi, devo concludere a malincuore che il dialogo è in disuso e il monologo impositivo è in auge. Che se proprio proprio una persona volesse fare un monologo e me lo comunicasse anzitempo, non ci sarebbe alcun problema. Vuole fare un monologo, un monologo impositivo? Prego, si accomodi. Si sentirebbe rispondere. Io faccio finta di ascoltarla. E siamo d’accordo nonchè entrambi felici. Non accade mai, questo. Accade, invece, che l’intenzione apparente è dialogare con toni pacati e poi… voilà: l’interlocutore parte a tradimento col monologo e te lo impone. A volte, addirittura, sfodera il monologo celebrativo. Perchè grazie a me, e perchè quando io ero lì, è perchè io sono Dio. Come direbbe il buon Faletti. E gli sfugge completamente di vista che il “lei non sa chi sono io” non importa a nessuno o, se importa, non alla sottoscritta che non ha padroni salvo il suo Dio. Dunque, credi e credenze a prescindere, si diceva di questi strani monologhi giù dal palco e a luci spente. Che questi attori improvvisati per le strade su cui tutti siamo costretti a camminare, possono suscitare in me solo compassione nel senso che soffro con loro. Questo non va bene. Perchè ho smesso con il masochismo. Così ne ho provati un po’ di metodi risolutivi che, c’era da aspettarselo, non funzionano. Potrei sì, ricorrere a quell’unico efficace, ma vorrei rimandare l’ingrata scelta perchè c’è sempre tempo per l’abbruttimento interiore. Ecco i metodi seguiti e puntualmente falliti:

1) pronunciare di tanto in tanto una vocale trascinata (aaaaaa, eeeeee, oooooo). La i e la u le ho sempre evitate. Mi pareva di essere rincoglionita io. Così pure non ho mai detto con euforia “accipicchia” che solo un reduce di guerra può pronunciare. In alternativa, pronunciare le parole “certo” e “ovvio” e “chiaro” o anche, addirittura “hai ragione” e pure “certo, hai ragione”. In quest’ultimo caso, non sempre sono riuscita a pronunciare tutte e tre le parole causa valanga – parlata-monologatore.

2) assecondare in silenzio il monologatore facendo sì sì con la testa e rimanendo con lo sguardo quagliato (occhi sbarrati come la quaglia quando si piglia paura)

3) trovare una scusa e dire che si deve entrare in riunione. Dove non importa. Anche un cesso va bene. Se si è al telefono, buttare giù. Che tanto ci si appella alla batteria scarica o ai soldi terminati.

Tutti questi metodi, per me, sono stati fallimentari. Mi hanno addirittura ricaricato il telefono per parlarmi. Ovvero, per parlare al vuoto.

C’è un quarto metodo, ma è pericoloso, anzi pericolosissimo perchè si rischia di imbattersi nei “parlatori sopra”. E non fatevi strane idee. Il “parlatore sopra” ho dedotto dopo attenti studi sociologici, è fatale perchè ti espone a rischio infarto e non me la sento di morire sotto il peso di un “parlatore sopra” perciò, per questi, da oggi, tolleranza zero. Perchè il monologatore non autorizzato passi, ma il “parlatore sopra” che implicitamente mi dà della cretina, no. Perchè il “parlatore sopra” non segue la sua strada chiusa, no, il “parlatore sopra” si riattiva di volta in volta, alzando i toni sempre di più, quando cerchi di fargli capire che hai capito, quando provi ad interrompere quella che già sai sarà una spiegazione che lui ti vuol fare, ma che tu conosci a priori. Appunto perchè non sei cretino. E hai voglia a dirgli “ho capito” o a riassumergli tu, in una frase, quello che sarà il suo  ovvio discorso. Il “parlatore sopra” si fa interrompere due barra tre secondi perchè ti sente (è ricettivo il bastardo, mica è un semplice monologatore impositivo!) e non vede l’ora di riprendere a parlare a voce più alta. Sopra la tua di voce. Ergo: boicottiamo i parlatori sopra. Offriamo loro con disinvoltura dell’acqua con del peperoncino per agevolarne l’ afonia. Necesse est. Sicut navigare.

Me stessa che ppalle! Mi voglio a piccole dosi

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agosto 6th, 2009 Posted 18:32

E io cucino! - foto di Silvia CastellaniSentimento del 6 agosto: mi sono stancata delle persone, me stessa compresa. Sottopensiero correlato all’atroce sentimento: Che ppalle me stessa! Argomentazione: Non mi sopporto più. E non sopporto più nemmeno gli altri. E hai voglia a fare il discorso accetta prima te stessa, quando avrai un bel rapporto con te stessa, starai bene anche con gli altri e via con il manualetto dell’autostima. Qui non c’entrano niente l’accettazione e l’autostima. IO CI STO BENE CON ME STESSA E STO BENE CON GLI ALTRI. MA A PICCOLE DOSI. E’ questo il punto. Stare con gli altri a piccole dosi. E anche con se stessi. Della serie: c’è un limite a tutto, anche all’autocompagnia forzata. Perchè (guardiamo in faccia la realtà) è da trentun anni che devo avere a che fare con me la media di 16 ore al giorno, tolte le otto che dormo e non sono cosciente. E anche lì, fatta eccezione per quando dormo per finta che sembra che dormo, ma invece sono in dormiveglia. Allora mi vengono in mente quei Cristiani talmente pieni di sè che si leccano il culo da soli e si accaniscono con gli altri e mi dico: “ma come è possibile?”. No, si fa per dire, perchè se ci credono davvero che sono dei supereroi e sono gli altri ad avere qualcosa che non va, c’è da preoccuparsi. L’importante è essere coscienti e non raccontarsela. Che ci si incazza con gli altri perchè si è incazzati con se stessi. E uno non può evitare di incazzarsi con se stesso. E’ anti-umano. Io la mattina mi guardo allo specchio e mi dico: “ancora tu Silvia, ma che ppalle! Adesso inizierai a dire che non hai voglia di andare a lavorare, poi che non ti va di pensare a cosa fare da mangiare e via. Dai, diciamocelo, la troppa confidenza smarona. Anche con se stessi. E qui veniamo ai “propri spazi”. Quando si dice a un fidanzato “ho bisogno dei miei spazi” è perchè, al di là delle motivazioni apportate più o meno discutibili, dopo un po’ a contatto con chiunque, un altro chiunque non ce la fa più. Prendiamo quando si va in vacanza. Due amiche amiche, vanno in vacanza insieme e sbottano. Per forza, al massimo con una persona ci potrai stare a contatto (ricettivo, non stiamo parlando del gomito a gomito muto tra scrivanie) un paio d’ore al giorno. E non può valere questo anche per me stessa? Dai, c’è poco da fare. Non mi sopporto più. Ho bisogno di una pausa da me. Allora stamattina, dopo essermi detta a voce alta che mi sono rotta le palle e non mi va più di stare in mia compagnia per qualche giorno, ho studiato di darmi del lei così magari prendo un po’ di auto-distanza e mi sembra di conoscermi di meno. Speriamo funzioni.