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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Archive for ottobre, 2009

Il ricordo e la visione (solo per menti robuste)

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ottobre 28th, 2009 Posted 16:18

Prima è stato un ricordo di quando ero bambina. Non so quanti anni avessi di preciso, ma non più di quattro o cinque. Uscivo in strada, sul marciapiede, e mi arrampicavo sul palo della luce di fronte a quella bottega che adesso non c’è più. Uscivo in strada, dicevo mamma vado a colorare sui gradini e appena elusa la sorveglianza, iniziavo ad arrampicarmi. Dovevo arrivare in alto, in cima. Dovevo toccare la palla illuminata. All’imbrunire. Sì, era l’imbrunire e io uscivo con la scusa di colorare o giocare alle bambole. E invece, volevo salire in alto e vedere le cose dall’alto. La strada dall’alto, la bottega dall’alto. Volevo vedere bene e sentire il senso di vertigine, dopo aver toccato la cima più alta possibile, la grande palla illuminata. Ero una bambina matta con pensieri matti e che ora sono ancora quelli di allora. Ricordo che facevo fatica fino a metà scalata poi, superata la metà o poco più, era un attimo. Non mi importava di venire scoperta e rimproverata. Io dovevo solo salire.
Su questo ricordo della mia infanzia mi sono addormentata.
Dopo un po’, un’ora forse, mi sono svegliata e ho iniziato a vedere ad occhi aperti. Piangevo.
Guardavo il soffitto e piangevo per quello che vedevo.
Ho visto una barca, piccola, in mezzo al mare e me su quella barca ad avere paura e a remare per arrivare alla mèta che era lontana ed era una spiaggia e un uomo ad attendermi sorridendo. io non procedevo e l’acqua era fatta di parole o forse piovevano dal cielo lascrime di persone e le parole. non andavo avanti. cosa c’è chiedeva qualcuno. io una barca e parole e lacrime dal cielo ma deve piovere di più dicevo, le persone devono piangere se voglio arrivare presto a casa. poi arrivavo e dicevo all’uomo sorridendo hai visto quante parole ma sono tornata. e invece non era così, quella era la speranza della visione che era ferma nel mare e io avevo paura così la voce ha detto tu ci puoi camminare su quel mare, non posso dico io, sì, tu puoi e alla terza volta, io piangevo, sono scesa sul mare di carta e ho iniziato a camminare. e c’erano persone ed ero felice ma solo un attimo. Gesù, ho visto Gesù vicino a me vestito di bianco e qualcuno ha chiesto chi c’è, ci sono tutti ho detto io, ci sono… tutti, tutte le persone che mi hanno accompagnato per un pezzo della mia vita. c’è un bambino ? dì, c’è un bambino ? un bambino? chiedo io, non so, poi cerco. e c’è un bambino. c’è perchè io voglio vederlo ed è biondo, chi è, forse, sì è.La barca che voleva essere una macchina - foto di Silvia Castellani però so che è morto dunque se è morto sono morta anch’io. voglio riprendere il viaggio e Gesù, parliamo col pensiero, me  lo permette. starei bene forse, lì in quel posto ma voglio vivere. lo dico tre volte voglio vivere e riprendo la barca ormeggiata. sono di nuovo in mare. non vedo più niente all’orizzonte, non piove. Il viaggio è lungo e devo avere pazienza. il mare ora è vita. mi dice.

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Le persone che ho incontrato. Alcune persone.

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ottobre 22nd, 2009 Posted 19:25

"Ciuffi" - foto di Silvia CastellaniLe persone che ho incontrato e non mi hanno chiesto niente, sono quelle che mi hanno dato di più. Alcune hanno domandato e io non sempre ho loro risposto. Questo è stato un grave errore. Che ha a che fare con l’orgoglio di credersi migliori di altri.
La risposta data a me e che mi è piaciuta di più, me l’ha data un’amica. Avevo chiesto : cosa farebbe secondo te un uomo, se gli chiedessi di sposarlo? Mi ha risposto : si butterebbe dalla finestra alla velocità con cui scappa una bambola gonfiabile se la mordi sul culo. Ho riso per giorni. La domanda peggiore che io abbia mai rivolto ad anima viva, invece, è stata : quanto mi ami da uno a dieci ?  Peggio della telefonata della ragazzina della tim in quelle vecchie pubblicità che non si possono dimenticare per i tormentoni che sono andate creando nel tempo. E, infatti, la telefonata che mi ha davvero allungato la vita, non l’ho ancora fatta e nemmeno l’ho ricevuta. Le persone che più mi hanno deluso sono state quelle da cui mi aspettavo qualcosa di diverso da quello che sono riuscite a darmi. O hanno voluto darmi. Chissà perchè, poi, io mi aspettavo una data cosa piuttosto che un’altra. Le persone che mi hanno meravigliato di più sono quelle che sono riuscite a perdonarmi nonostante io abbia fatto di tutto perchè mi condannassero in eterno. Ho pensato fossero masochiste, ho capito che sono semplicemente più forti di me e di molti altri che ci ostiniamo ad imporre la nostra debolezza con l’arroganza. Le persone che più ho amato non so dire che fine abbiano fatto. Con queste persone  ci siamo persi strada facendo, senza chiederci nulla, ma solo dicendoci arrivederci. A una di queste persone, ho addirittura regalato una cassettina audio con incisa la canzone, da me interpretata, « arrivederci amore ciao » sottotitolo « le nubi sono già più in là ». Ero  solo una ragazzina assai robusta e dunque apparentemente ben piantata a terra, ma già avvertivo in me la mia vocazione pindarica e raminga. Sento che sono loro le persone che ho amato di più, perchè il ricordo le rende perfette anche se so che non lo sono. Ma un conto è sapere, un altro è ricordare. Il ricordo è sempre traditore e io, inguaribile romantica, amo essere tradita dai ricordi. Cavallo, tigre, mucca, pecora, maiale. Delle persone, una sera, mi hanno chiesto di ordinare su un foglio bianco queste cinque parole che una volta ordinate mi avrebbero fatto capire le priorità della mia vita, dalla più alla meno importante. Al primo posto ho scritto cavallo. Pare che corrisponda alla famiglia. Non ero d’accordo. Abbiamo litigato. Le persone che mi avevano chiesto di fare il gioco erano, per me, persone di famiglia. L’unica consolazione è che ho messo il maiale alias denaro all’ultimo posto.  E a proposito di verdoni e mirabolanti oggetti verdi : posso venire a prenderti in mutande verdi ? Direi di sì. Fa più decadente. Mi ha chiesto e si è subito risposta l’amica della  bambola gonfiabile. Ammiro chi riesce a rispondersi in anteprima. Trovo che sia spontaneo e la spontaneità è rara come un sorriso sincero e come questa frase che mi ha dedicato una grande anima poetica perchè continuassi a ripetermela come un karma : tieniti lontana dalla luce dove la bellezza trova pace.

Vita numero quattro : “chi cerca e sa cosa cerca, prima o poi, trova. Io cerco l’abito perfetto, poichè l’abito fa il monaco. Altrimenti la piadina non si vestirebbe da Hello Kitty”

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ottobre 12th, 2009 Posted 22:50

canaletto-baroccoBisogna vedere cosa uno cerca. Ho abbandonato la mia vita numero tre perchè era come un vestito che più guardavo, meno mi sentivo addosso. Qualcuno ha provato a rassicurarmi dicendomi che stavo bene, che quel vestito, in qualche modo, esaltava alcune delle mie forme. Ma io non ho creduto a quanti mi dicevano così perchè, se il vestito mi si addice secondo il gusto altrui, allora quel vestito per me è sbagliato. Un grande uomo ha detto che bisogna sempre lasciare il certo per l’incerto. Aggiungo che lo stesso abbandono deve applicarsi al comodo per l’incomodo. Dunque, tradotto, il tailleur non fa per me. Sulla scorta della consapevolezza che è meglio uno struzzo ripieno tra un paio di giorni piuttosto che una gallina domani o un uovo oggi, ho deciso, una volta in più, di svestirmi di un ruolo, di una maschera e dunque di un abito che a qualcun altro calzeranno di certo a pennello, per ritornare alla ricerca della mia prossima vita che non tarderà a manifestarsi perchè chi cerca, trova. L’importante è sapere cosa si cerca. Cosa cerco io. Cerco un abito nuovo, possibilmente costruito su misura, perchè ognuno ha le sue forme che non si possono adattare ad un vestito in serie. E’ il vestito che deve adattarsi alla persona di modo che questa, sentendosi a pieno nei suoi panni, possa figurare al meglio. Cerco un posto speciale in cui poter mostrare il mio vestito esclusivo in modo che altre persone, vedendomi, si innamorino dell’individualità che forse credono perduta. Cerco un vecchio sarto, di quelli che, di vestiti, tanti ne hanno creati, che sappia consigliarmi con la sua esperienza e la sua arte. Non cerco saldi, sconti, offerte. Conosco il valore di un abito unico. E il prezzo inevitabile dell’attesa. E mentre riappendo, nell’armadio zeppo di vestiti, il tailleur dentro al quale ho dispensato consigli per gli acquisti, io già lo vedo, il mio vestito nuovo, colorato d’oro e in stile barocco.

Mon ami, non ami

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ottobre 9th, 2009 Posted 15:51

Periodo rosa - foto di Silvia Castellani

Non ami e ti disperi come puoi sotto questo velo
come puoi
Stiri le braccia e ti schiarisci la voce che tace bloccata su corde incapaci di vibrare

Non ami e ti domandi se sei ancora capace

Cuci la tua bocca mentre aghi sottilissimi ti trafiggono il cuore
Quella promessa ormai non vale

E allora vienimi a cercare
Perchè piove sai
Che è stata l’acqua a farci incontrare

E poi asciuga i miei capelli che illuminati dal nuovo sole ci porteranno fortuna
Ancora stringi il mio amuleto ed esprimi un desiderio che sappia di Natale

Non amo e mi ricordo come un film ormai andato che i miei colori non sono più vivaci

Apparecchio una tavola per me    solo    con un minestrone che sa di tristezza e mancata voluttà
Non amo e aspetto un ehi che poi, lo so, diventerà un bye bye

Accendo musica e sigaretta insieme senza accorgermi che la canzone parla di una vita come tante lasciata andare in fumo.

E allora vienimi a cercare

Perchè piove sai

Che è stata l’acqua a farci innamorare

ps: ho ritrovato un pezzo di carta con questi antichi pensieri. non so nulla di poesia, perciò, perchè all’epoca, li scrissi così, in questa esatta disposizione in cui li ho riportati? Non importa saperlo. Importa averli ritrovati. Anzi il contrario. Perchè ho la netta sensazione che siano stati loro a ritrovare me. Io, a frugare in quel cassetto, non ci volevo andare

Breve trattato sulla paura (per coloro che hanno paura, ma anche per coloro che non ne hanno. Così possono « sentire » chi ce l’ha). Parte prima : considerazioni in generale e trattative personali in corso. La seconda parte del trattato è probabile, conoscendomi, che non vedrà mai la luce

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ottobre 1st, 2009 Posted 17:02

E’ una lotta impari, una guerra che non si può combattere, quella contro la paura che immobilizza i cuori e anche i pensieri. Una guerra di sole vittime dove chi vince è soltanto il senso di sconfitta e frustrazione generale. Quella paura che ogni giorno vedo negli occhi di tanti miei simili che sorridono di circostanza, ma dentro muiono. E allora è più facile coalizzarsi, foss’anche in piccoli gruppi che in realtà sono branchi perchè la logica che sta alla base e muove quell’unione di forza maggiore, è ancora la paura. Così si inizia a parlare tutti uguali, oppure modellandosi sull’esempio del più forte, di quello che si riconosce essere capo. Per paura di essere esclusi, derisi, di essere uno, soltanto, un numero. Che ha paura dell’indifferenza nei suoi confronti, chè ha osato ribellarsi all’ordine costituito dal branco e alla legge del più forte. Io, di gruppi, intorno a me, ne vedo pochi. Vedo troppi branchi, piccoli e grandi branchi che hanno paura della giungla in cui devono vivere o, peggio, sopravvivere. E io, per mia disgrazia, pur avendo paura, sono fuori dalle logiche del branco chè non ho niente da prendere e dunque da perdere. E se fosse il contrario, fingo di dimenticarmene. Non cerco consensi, quando li ho mi rammarico e mi preoccupo perchè so bene che il branco come la massa è fatale, ti eleva in cielo e ti ributta negli inferi nel tempo di un battito d’ali. La massa, il popolo, ti possono salvare o uccidere. Ti applaudono o ti fischiano a seconda del momento, di quel primissimo momento, ogni volta che ti esponi, in cui qualcuno ha urlato alla vita o, viceversa, alla morte. In quel primo momento devi avere fortuna di qualcuno che nella massa urla alla vita. Allora vivi. Altrimenti muori. E questa è la diretta. Poi, quando si dice in tv che il pubblico è intelligente, si dice una gran cazzata. Non è il pubblico ad essere intelligente. Sono le persone che fanno parte del pubblico (quello da casa, per intenderci) ad essere intelligenti. Quando devono dare il loro giudizio, e non sono in salotto con altri, ma sole, allora è lì, in quel preciso istante che devono essere coraggiose. E il coraggio, che non è mancanza assoluta di paura, ma consapevolezza che esiste qualcosa di più importante della paura) si mostra più spesso nella solitudine. Il coraggio in pubblico, ovvero in presenza d’altri, io l’ho visto così poche volte che mi bastano le dita di una mano per farne conto. E quando l’ho visto, ho avuto paura. E così, si diceva, c’è un solo attimo, quello del « voto » e se sei coraggioso, scegli davvero. Io, come « voto » me stessa ovvero, soprattutto, come valuto gli altri ? Non li « voto », non li calcolo, appunto. Poi, quando mi trovo sola ma con uno, quell’uno qualunque numero, di cui prima si diceva, lo guardo negli occhi e lo ascolto oppure lo leggo. Ma non in senso letterale. Perchè le parole possono mentire, ma l’essenza dell’individuo che si nasconde tra le righe del parlato o dello scritto, non la puoi controllare. Quella sola è la verità. E quella, se rivelata all’altro uno qualunque, potrà salvarci da tutta questa paura che ci ha invaso l’anima. Ed eccomi allora, una qualunque, abituata ad essere esclusa e derisa, non mii esimo da me. E questa paura che è nata con me, che ogni giorno andando per le strade cerco di esorcizzare, mi segue come un’antica maledizione che non se la smette di richiamarmi a sè e all’ordine costituito. Avere paura della paura.  Questo è il mio saggio destino, ma non la mia scelta di coraggio che mi porta a lottare, in ogni attimo che respiro, contro quell’ombra oscura che si diverte a fiaccarmi lo spirito. Forse, dovrei decidermi a parlarci, con questo bene minore. E forse, la soluzione non è uno e nemmeno da tre in poi, ma due che, per dirla con Erri De Luca è « il contrario di uno, della sua solitudine. Due è alleanza, filo doppio che non è spezzato ». Ecco, tuttoconsiderato, questo è esattamente quello che non volevo dire."senza un perchè" - foto di Silvia Castellani