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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

I miei deliri notturni – parte prima

Devo iniziare a scrivere i miei deliri notturni. Spesso, la mattina, da un po’ di tempo a questa parte, mi sveglio appositamente per ricordarli. Non sono io a decidere di svegliarmi. Mi sveglio e basta. E ripercorro il delirio appena fatto. Poi mi riaddormento e ricomincio lo stesso delirio, quello che ho appena ripercorso a grandi linee. Quando mi sveglio definitivamente, elaboro un paio di interpretazioni personali del delirio che ben ricordo, ma nessuna mi convince. Tutte le volte penso che dovrei scriverli, questi deliri. E oggi mi sono decisa.

Delirio n°1 – 15 marzo 2009

Devo andare a lavorare oltre un ponte. E’ un ponte enorme e io lo devo attraversare. Chiedo informazioni a due vecchietti fermi alla fermata dell’autobus che non è tale. E infatti non ci sono autobus. Dico loro il nome della via che devo raggiungere. “Sì, deve attraversare il ponte”. Mi confermano. Io penso che è una gran distanza da percorrere a piedi. “No, non ci sono autobus. Pensi che dopo le cinque non possiamo più uscire di casa”. Sono i vecchietti, ancora, a parlarmi. Io mi incammino con la mia 24 ore. Mi pare di dover attraversare il ponte di Brooklin. Penso che devo andare a lavorare lontano. Ma non ho paura di andare, di giorno. Temo solo che il ritorno, al buio, possa essere pericoloso. Ma quel lavoro è il lavoro per me. E’ il mio lavoro. Devo andare. Un modo per tornare a casa a piedi lo troverò. L’ho sempre trovato.

Delirio n°2 -20 marzo 2009

Sono a casa di Berlusconi. Un suo scagnozzo – maggiordomo mi elenca prospettive auree per il mio futuro. Io ascolto tutto e intanto guardo Berlusconi corredato da un sorrisone stampato in faccia, camminare avanti e indietro seguito da un codazzo affacendato. Alla fine me ne vado con questa motivazione: “la ringrazio molto, ma sono di sinistra e non mi vendo”. Neanche mi avessero chiesto di prendere la tessera.

Delirio n°3 – 21 marzo 2009

Sono di nuovo alle prese con Berlusconi. Mi impongo nel sogno di cambiare sogno. Ci riesco. Mi ritrovo così sotto i portici di Bologna, fidanzata con un venditore di birra che se ne sta seduto su uno sgabello con in mano una lattina. Forse non riesce a venderla la birra, così se la beve. Io gli chiedo se posso accendere il mio gattino e lui acconsente. Allora prendo il gattino (uno di quelli a pile che i venditori di strada tengono accesi per attirare l’attenzione dei passanti) e lo accendo. Il gattino è bianco e canta. Non ha una di quelle musichette incorporate, no, canta proprio lui. E canta una canzone di CapaRezza. Mi sento che quel gattino sono io. Quando mi sveglio, faccio il paragone con un altro gattino, nero, che sognai un po’ di tempo fa e che faceva tutt’altro, trafficava con le borse della spesa. In sostanza, mi proietto nei gatti.

Delirio n°4 – 23 marzo 2009

Il cavaliere non mi dà tregua. Questa volta mi vuole fare lui stesso un assegno. Dice che la cifra la devo mettere io. Scocciata me lo intasco. Ipotizzo una cifra come 30 mila euro. Ne parlo con una mia amica alla quale confido di avere svolto una serie di attività giornalistiche per il cavaliere che valgono 3 mila euro, non di più. Improvvisamente mi accorgo che accanto alla mia amica c’è la figlia del cavaliere che ora non è più lui, è diventato un imprenditore di mia conoscenza. Che lo stesso mi vuole dare del denaro. Vado in paranoia e mi sveglio.

Delirio n°5 – fine marzo 2009

Il delirio in questione era un sogno nel sogno. Sognavo che compravo un pacchetto di pasticcini. Dieci, ho detto al ragazzo che stava dietro al bancone dei dolci. Me ne dia dieci di quei pasticcini, che ho ospiti a casa. E pensavo agli ospiti che erano parenti. Poi sono uscita col mio pacchetto e non ho capito come un piccione ha attaccato un bignè. Ho scaraventato tutto il pacco a terra. Mi fanno schifo i piccioni. Ho ricomprato i pasticcini, credo. Oppure ho fatto senza. So che a quel punto, nel sogno, ho raccontato il sogno al mio ragazzo.

Delirio n°6 – prima metà di aprile 2009

C’era un uomo col coltello molto pericoloso. Io ero nascosta e ho escogitato all’istante un piano per fuggire senza essere vista. Sapevo che quell’uomo avrebbe fatto secco il primo essere vivente che fosse capitato sulla sua strada. Volevo andare indietro e invece sono andata avanti. Intendo nella mia dinamica di fuga dall’accoltellatore. Conclusione: ho fatto bene e ce l’ho fatta per un pelo a salvarmi la pelle. Allora questo psicopatico ha ammazzato un padre di famiglia. Che passava di lì, a notte fonda, con tutta la famiglia. E’ probabile, non ne sono certa, che ci sia stato un affondo di lama anche in uno dei due bambini. Ero incazzata nera, ma ho accettato, nel mio sogno, il concetto di destino nonchè l’idea che mi fossi salvata anche grazie a me stessa e alle mie scelte strategiche.

Delirio n°7 – inizio giugno 2009

Sogno i miei clienti. Da tre notti a questa parte. Uno in particolare a cui tengo. Vorrei fosse contento del mio lavoro. E’ contento? Non lo so. So solo che mi tiene d’occhio. Che stress notturno.

Prima metà di luglio 2009

Non deliro. Perché non dormo. Così non va bene.

Delirio n°8 – prima metà di agosto 2009

Gente che mi rincorre. Per parlarmi, per lamentarsi, per chiedere consigli (che io tra l’altro non so dare). Gente che insiste a tormentarmi. Io fuggo. Perché non me ne frega niente di quello che mi vogliono dire. Così mi appare il mio fidanzato che mi chiede: “sei felice?”. Fuggo di nuovo. Sento dentro, mentre corro, che devo farmene una ragione.

Deliri 9 e 10 – seconda metà di agosto 2009

Sto nuotando insieme a Renato Zero. Dovevo andarlo a prendere alla stazione alle cinque del pomeriggio ma siccome mi aveva mandato un sms sulla macchina fotografica digitale, non l’avevo visto in tempo. Il messaggio. Poi comunque, quando l’ho visto, mi sono chiesta “ma come minchia fa Renato Zero a mandare i messaggini sulla digitale?” Ma non mi sono formalizzata e ho continuato a nuotare in piscina. Ma a quel punto Renato non mi cagava, perché anche se smentiva, in fondo se l’era presa di brutto che non ero andata a prenderlo alla stazione. Il mio numero gliel’aveva dato un comune amico di Bologna. Gli aveva detto: “se vai a Riccione, c’è la Silvia. Contattala a questo numero che ti viene a prendere”. Mentre nuotavo, pensavo: “è andata bene così. Che io non sono un autista e per una volta questi vip si pagano il taxi”.

Il secondo sogno: c’è un politico di Sinistra che mi vuole dare lavoro. Prima il Pdl e adesso il Pd (anche in sogno, come vedete, rispetto la par condicio, nda). Questo politico vuole dare lavoro a me, a una tipa sconosciuta di Ferrara e ad un tipo, ugualmente sconosciuto, di Rimini. A me la storia di lavorare in team con questi due estranei mi va giù poco, così dico al politico: “mi puoi pagare doppio, vista la cattiva compagnia a cui vuoi costringermi?”

Delirio n°11 – novembre 2009

Sogno i sogni degli altri. Altri mi raccontano i loro sogni. A volte, sogno gli stessi sogni di chi sogna accanto a me. Comunque stanotte qualcuno in sogno mi ha portata in barca al 12° piano sul mondo. Navigavo in alto e le vicende del mondo non disturbavano il mio tranquillo andare sull’acqua. Me l’ha detto chi in sogno mi sognava accanto.

Delirio n°12 – 12 dicembre 2009

Sono su un autobus e dentro c’è una tipa di mia conoscenza che mi sta antipatica. E’ con una sua amica, seduta in fondo all’autobus. Io, caso vuole, salgo sull’autobus e me la trovo davanti che fa la figa senza averne merito. Scambio due parole di cortesia, ma questa mi provoca con la sua arrogante idiozia. Salto la mia fermata non mi ricordo perché. Scendo a quella dopo che è quella prima della conoscente odiosa. Appena scesa, mi accorgo che mi hanno rubato la borsa. Risalgo al volo. L’autista mi dice che lo sa, che ha visto. L’aveva presa una donna che poi è scesa, lasciando sull’autobus la mia borsa non si sa perché, mi racconta. Se non la riprendo subito, mi dice sempre l’autista, se la prenderà quell’uomo lì e lo indica. Io riprendo la borsa con sollievo e riscendo. La conoscente antipatica scende con la sua amica alla fermata dopo e armeggia intenzionata ancora a rompermi le palle. La vedo a distanza. Poi c’è una stanza dove sono ospite. A un certo punto arriva un ragazzo che si arrabbia con la persona che mi sta ospitando. Dice che non c’è posto, che me ne devo andare. Io sento la conversazione e tolgo il disturbo. Mi chiedo perché da uno stanzino buio escono degli uccellini, dei pulcini marroni che dovrebbero essere chiusi in gabbia. Ricaccio gli uccellini dentro la gabbia, ci parlo proprio e dico loro che non esiste che mentre dormo svolazzino qua e là. Mi sveglio, la finestra è aperta e l’aria è gelata. Mi faccio una tisana e inizio a leggere Zia Mame.