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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Archive for maggio, 2011

Una donna in corriera di Delfina Solinas

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maggio 30th, 2011 Posted 19:59

Io l’ho letto e ho pensato: un autentico trip. Consigliatissimo per le donne in carriera.

Ci sono donne, e sono tantissime, che perdono tutto pur di inseguire la carriera.
Io ho perso un sacco di cose per inseguire la corriera. E alla fine ho perso anche la corriera, un sacco di volte.
Ognuno ha la sua carriera, e la segue per tutta la vita. Io, di corriere, ne ho seguite tante; e il lato positivo è che se perdi la tua carriera è un casino recuperarla, se perdi la corriera dopo dieci minuti passa l’altra e al massimo hai perso dieci minuti. Questo succede sempre, tranne che con l’8- Monserrato. Perdere l’8 è quasi come perdere la carriera, forse anche peggio.
L’inizio della mia carriera di donna in corriera risale a tanto tempo fa, tantissimo tempo fa. Ma le corriere significative cominciano dal 1996.
La mia prima corriera si chiamava 5 barrato, o meglio 5/12. Nessuno ha mai capito perché 5/12 e non ad esempio 5/9 o 5/36, ma del resto nessuno ha mai capito il sistema di numerazione delle corriere. Infatti ci sono numeri che non esistono nelle corriere. Cominciamo da Cagliari e proviamo ad andare in ordine.
La prima corriera è l’1. Non solo perché è il primo numero ma anche perché l’1 a Cagliari è la corriera più “popolare”. Viaggiare sull’1 vuol dire essere perfettamente integrato nella vita cagliaritana. Chi prende l’1 va a Città Mercato, chi prende l’1 va a mangiare alla mensa universitaria, chi prende l’1 vive in centro, passa davanti al porto ma volendo può arrivare fino a Pirri. Chi prende l’1 può permettersi di rientrare tardi la sera, perché l’1 viaggia fino a tardi e passa in Corso Vittorio Emanuele, la via dei locali notturni. Chi non ha mai preso l’1 è senza dubbio uno sfigato.
Il 2 non esiste; prendere il 2 a Cagliari significa andare a piedi. Si dice: “io prendo il 2!”, si fa “due” con le dita, poi si capovolge la manina e si simulano due piedini che camminano. Chi prende il 2, dovunque debba andare, spesso arriva prima di chi prende l’1 per andare nello stesso posto.
Poi c’è il 3. Il 3 è la corriera dei fighetti, e ovviamente se la tira. Il 3 va al Quartiere del Sole, dove abitano i ricchi cagliaritani. Il 3 passa qualcosa come ogni 3 minuti ed è sempre puntuale, perché le signore che abitano al quartiere del sole non possono stare ad aspettare troppo sotto al sole. Sul 3 non sale mai il controllore, primo perché i controllori non sono illimitati e sono troppo impegnati a mettere multe sull’1, e poi perché sarebbe lavoro sprecato perché quelli che prendono il 3 tanto hanno la tessera. E se capita che queste persone salgono sull’1 guardano con disprezzo i poveracci che prendono la multa. Ma non capita spesso che la signora del quartiere del sole salga sull’1, c’è puzza.
Il 4 non esiste. A limite potrebbe voler dire andare a piedi con un amico.
Ed eccoci arrivati al mitico 5, quello che un tempo era 5/12 e poi qualcuno si è accorto dell’idiozia e l’ha fatto diventare semplicemente 5.
Se prendi il 5 sei uno studente pendolare, perché il 5 va dalla Stazione dei treni al Magistero passando per Ingegneria e poi torna indietro.
Sul 5 si sentono sempre gli stessi discorsi: esami andati bene, esami andati male, esami andati così così Esami che potevano andare meglio ed esami che potevano andare peggio. Nomi di professori simpatici e stronzi, lezioni pesanti e lezioni divertenti.
L’autista del 5 potrebbe prendere una laurea ad honorem in una decina di corsi, senza mai aprire libro.
Il 6 è la corriera che va a Genneruxi, altro quartiere abbastanza benestante, anche se meno fighetto del Quartiere del Sole; forse per il nome meno fighetto o forse per la sua vicinanza al cep. Il 6 è molto meno frequente del 3 e molto meno frequentato. Forse, ma è solo un’ipotesi, gli abitanti di Genneruxi escono meno degli abitanti del Quartiere del Sole?
Il 7 è chiamato anche Pollicino per le sue dimensioni ridottissime. Sul Pollicino ci staranno sì e no una decina di persone, ma non credo si siano mai trovate dieci persone, tutte assieme sul 7. Fa un giro strano, tipo zona Castello. I cagliaritani non vanno a visitare il Castello, e i turisti prendono il bus turistico, non il 7!
E un posto d’onore spetta sicuramente all’8. C’è persino un gruppo su Facebook che raccoglie tutti i fans della corriera numero 8 che va dalla Stazione dei treni alla Cittadella Universitaria di Monserrato, facendo un giro sfigatissimo di salite e discese e pianure e colline che tutte le volte ti chiedi “Ce la farà o non ce la farà?”. Se sull’8 ci stanno 50 persone ne trovi in media 200, quelli dei quattro 8 che non sono passati prima. L’8 dovrebbe passare ogni 15 minuti, ma se passa ogni 50 minuti sei già fortunato. Nessuno sa perché e per come, ma è cosi, l’8 è l’autobus che tutti sanno che esiste ma in pochi lo vedono passare.
Il 9 è l’extraurbano che va da Cagliari a Decimomannu, passando per Assemini. Anche il 9 è sempre pieno perché lo prendono tutti i lavoratori di Assemini e Decimo e le lavoratrici di Viale Elmas.
Il 10 è l’autobus sempre puntuale, sempre pulito, sempre comodo, sempre nuovo e sempre vuoto. Fa un tragitto brevissimo e passa per la zona pedonale. Fa un tragitto brevissimo in un tempo lunghissimo perché cammina a passo d’uomo, ma a passo d’uomo che passeggia e guarda le vetrine. Il 10 passeggia e fa le vasche in via Garibaldi, è perfettamente inutile prendere il 10 perché chi va in via Garibaldi va per negozi, e se non vai per negozi e vai ad esempio a lavorare ti conviene comunque prendere il 2.
L’11 è l’autobus che va a Calamosca, alla caserma. Potrebbe anche essere un autobus interessante ma ai miei tempi in tanti si sarebbero chiesti che ci faceva una ragazza sull’11.
Il 13 è la corriera che fa il giro degli ospedali; puntualissimo, tanto che puoi scendere di casa un minuto prima che parta, età media 85 anni, discorsi che ti fanno venire la depressione: visite, esami, malattie, parenti ricoverati. Sul 13 ovviamente stai sempre in piedi se hai meno di 80 anni e devi fare solo una visita oculistica.
Saltando qualche numero si arriva al 30 e al 31. Il 30 e il 31 sono filobus, e ogni tanto il filo si stacca e l’autista deve scendere per riattaccarlo bloccando il traffico nella via più trafficata di Cagliari. Vanno entrambi nello stesso posto, facendo un pezzo del tragitto assieme e dividendosi successivamente per passare uno per la periferia est, l’altro per la periferia ovest, poi si incrociano e si scambiano la direzione per rientrare entrambi al punto di partenza. Sembra uno strano balletto che si potrebbe anche evitare, unendo le due linee in una sola, magari un pochino più puntuale!
Se i numeri non bastano ci sono le lettere: M, PQ e PF.
Molto coerenti, molto ordinati, molto lineari.
M= Monserrato; PQ= Poetto-Quartu; PF= Poetto-Flumini. Sembrerebbero le uniche corriere ad avere un senso.
Ho trascurato alcune corriere non molto significative per la mia carriera di donna in corriera: ad esempio il 16 che va alla Motorizzazione civile, che passa ogni 50 minuti dalle 9 alle 15 e se non riesci a prendere l’ultimo sei nei casini. Se non ti fanno dormire alla Motorizzazione puoi farti ospitare al campo nomadi lì vicino. Alla Motorizzazione è quindi meglio andarci in macchina anche se è un controsenso perché si va alla Motorizzazione per prendere la patente. Meglio prendere la patente in autoscuola.
Ho lasciato Cagliari tre anni fa e continuo a inseguire la mia corriera. Dopo un anno di gavetta col 14 e il 21 mi posso rilassare col 29, sempre vuoto e sempre puntuale, posso viaggiare con le vecchine bolognesi di San Mamolo e rischiare di spezzarmi il collo quando sono in ritardo, slittando sui ghiacci dei colli bolognesi.
Tutto per non rischiare di perdere la mia importante corriera.

Testo di Delfina Solinas

Una corriera a caso

Microstoria quotidiana. Faccia da pechinese

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maggio 26th, 2011 Posted 16:02

Faccia da pechineseSalgo sul treno, davanti a me sale un vecchio. Entriamo nello scompartimento. Un bambino dice al padre: “E’ vecchio quel signore. Ha la faccia che sembra un cagnolino”. Il padre: “Marco non si dicono queste cose”. “Ma è vero- insiste il bambino- ha la faccia che sembra…”
Lo guardo. Ha ragione. E’ perfetto. Il vecchio ha la faccia sputata a quella di un pechinese.
Il vecchio si siede. Non dice niente.
Il bambino: “Perché respira forte?”
“E’ stanco – dice il padre.
“Ha la faccia da cagnolino”. Niente. Il bambino non si schioda da lì. Poi passa a me che intanto mi sono seduta. Guarda fisso. Io uguale. Penso: “Ti prego bambino non dire niente altrimenti sarò costretta a dire a tuo padre me lo può prestare che voglio vedermi perfetta attraverso gli occhi di suo figlio? Non dice niente. Gli va di culo. Ma secondo me l’ha nasata. E io continuo a viaggiare nella mia ignoranza.


Sulla prostituzione e la vendita del sè

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maggio 20th, 2011 Posted 18:12

La notizia, tra quelle lette oggi, che più mi ha colpita è stata quella riguardante un presunto “viaggio-premio” goduto dai migliori manager di una filiale di una nota azienda tedesca consistente  in un “seminario motivazionale” alle terme di Budapest con una ventina di prostitute. L’azienda ha preso le distanze dal fatto, assicurando che gli organizzatori delle serate  “motivazionali” con incontri sexy, non lavorano più per la nota azienda.

Ad ogni modo, per completezza informativa, la notizia la potete leggere qui

Quello che a noi interessa è che è nato un dibattito dai toni anche accesi, tra me e alcuni amici, sul tema della prostituzione dove sono emersi diversi punti di vista tra cui quello secondo il quale per alcune donne la prostituzione sarebbe un mestiere molto redditizio e liberamente scelto.

Il mio primo pensiero di fronte a questo punto di vista, è andato a Pasolini. Non so perché, ma mi sono immaginata un Pasolini che, camminando sulla spiaggia, diceva:

“Non è questa la libertà che io immagino.”

Strani pensieri, strane correnti, strane arie, quelle che mi passano per la testa…

La prostituzione può essere davvero pensato come un mestiere (si dice sempre che il più vecchio del mondo) o, in uno Stato di diritto quale l’Italia è, la prostituzione è soltanto una piaga sociale da combattere? Chiediamocelo.

Ma le cose stanno così, si dice. E bisogna prenderne atto. Ma lo stato di fatto non può essere forse cambiato anziché accettato o peggio subito? Domanda.

E se io affermo di essere libera di decidere di prostituirmi, sono veramente libera? Chiediamoci anche questo.

Non è questa la libertà che io immagino.

E’ possibile immaginare il sé in vendita?

Di fronte alla parola libertà utilizzata in relazione alla decisione di prostituirsi, ho delle considerazioni personali da fare:

Dico che la libertà è piena solo se non subisce condizionamento e  mi pare che il denaro sia un forte condizionamento. Dico anche che molte delle decisioni che ciascuno prende nella sua quotidianità probabilmente non sono libere, ma decidere di mettere in vendita il sé è forse la decisione più infelice. Qualcuno dirà che è il corpo ad essere messo in vendita, io dico che il corpo è parte del sé e dell’integrità dell’individuo ed è l’unica cosa che l’individuo ha, il sé, nella sua integrità. Penso che sia una sciocchezza quando una donna dice che lo fa per i soldi e quello che interessa il suo corpo non interessa la sua mente, penso che una borsa di Gucci o 2mila euro non valgano la libertà del sé. Penso che sia la più grande illusione camuffata da libertà. La si chiama libertà perché è più facile e si argina la sofferenza del sé.

No, non è questa la libertà che immagino che se le libertà fossero tutte, non vi sarebbe libertà.

Riuscite ancora adesso ad immaginare il sé in vendita?

Io mi rispondo: solo da morti, probabilmente, perché da vivi parte del sé non rispetterebbe la cessione.

Chissà cosa pensate voi, ma qualunque cosa pensiate non vi stancate mai di pensare da sé.

Pensate e siate liberi.

Dedicato a tutte le donne pensate con amore

E Pasolini adesso è sempre lì sulla spiaggia, ma sta dicendo:

“Sì, è questa la libertà che io immagino”.

Pasolini nel vento

Prima della birra

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maggio 15th, 2011 Posted 15:20

- Sei solare stasera.

- C’è una parola tra tutte quelle al mondo che non voglio sentirmi dire.

- E’ vero me l’hai detto, solare.

- Ecco.

- Ma pensaci, sei come il sole, bellissima, di una bellezza accecante che non si può guardare. Solo al tramonto.

- Mi stai guardando. Quindi sono al tramonto, immagino.

Ride.

Poi inizia a raccontarmi il vecchio e il mare, la descrizione che fa il vecchio del sole, sul mare, l’alba e il tramonto. L’alba non si può guardare – dice.

E’ notte, tira il vento e stiamo andando in un locale. Lui fa l’ingegnere, io sono innamorata.

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