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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Archive for maggio, 2010

Cosa vuoi fare da grande? di DELFINA SOLINAS

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maggio 23rd, 2010 Posted 13:08

Immagine 1

Chi di voi non si è mai sentito porre questa domanda? Penso nessuno.
Alle scuole elementari è la prima domanda che ti fanno.
Quando vai con mamma e papà e trovare i parenti, o dal medico, o a un funerale o al parco o al ristorante se hai un’età compresa tra i tre e i dieci anni ti chiedono: “Cosa vuoi fare da grande?”. Sembra quasi che quando un adulto non sa cosa chiedere a un bambino usi questa domanda per fare conversazione.
I maschietti in genere vogliono fare gli astronauti, i cow-boys, i pirati. Alcuni i dottori.
Le femminucce vogliono fare le ballerine, le maestre (soprattutto se a fare la fatidica domanda è la maestra, perchè si sa, le bambine a sei anni sono un pò lecca-culo), le principesse. Alcune le dottoresse.
E poi ci sono le eccezioni. Io ero un’eccezione: io a sei anni, da grande, volevo fare la nuvola.
Già la nuvola. E il bello è che tutti rispondevano “aaah che bello” senza mai chiedermi “e che cosa farebbe, di grazia, la nuvola?”. Forse già quando avevo sei anni, gli adulti mi vedevano, a ragione, come una un pò spostata. Anzi son sicura che fosse così perchè mi ricordo benissimo che da piccola sono stata spedita, su consiglio della mia maestra delle elementari a farmi strizzare da una psicologa…ma questa è un’altra storia.
Nessuno mi ha mai chiesto nulla. Sono io, la me trentenne che chiede alla me di sei anni “che cazzo fa, di grazia, la nuvola???”.
E cerco di rispondermi.
La nuvola cambia di secondo in secondo, restando sempre sé stessa. La nuvola cambia forma e colore e consistenza. La nuvola viaggia, naviga per il cielo, si tuffa nel mare sotto forma di pioggia e torna su nel cielo quando ha voglia, sotto forma di vapore acqueo. La nuvola è lì e tutti la possono vedere ma nessuno la può toccare, nessuno la può prendere, nessuno la può avere. La nuvola è di tutti e di nessuno, la nuvola è libera.
Ecco io a sei anni ero così. A me veniva l’ansia se mi dovevo mettere “in fila per due”.
Io odiavo dover andare in vacanza coi miei. Ma ci andavo, per forza.
E a 16 anni, durante una di quelle vacanze forzate, ho capito che forse la nuvola non la potevo fare, e dovevo scgliere un altro mestiere.
I miei quell’anno avevano scelto una vacanza rilassante. Un paesino sperduto nel Gennargentu, in un ex convento, in mezzo alle montagne, dove il centro abitato più vicino era a 30 km, ed era Orgosolo.
Il giorno prima della partenza ho tentato inconsciamente il suicidio lanciandomi col motorino a tutta velocità per una curva pericolosa. Mi sono fatta molto male ma non tanto da far saltare questa vacanza. Speravo almeno di incontrare un ragazzino super figo con cui fare amicizia.
E alla fine siamo partiti. Gli unici ospiti di quell’ex convento eravamo io e la mia famiglia, gli amici dei miei genitori col loro figlio mio coetaneo e un gruppo di ragazzini disabili con relativi educatori. Un ragazzo down è diventato il mio compagno di giochi preferito e la sua educatrice è diventata il mio mito, il modello da seguire!
E’ stata una vacanza bellissima e divertentissima e quando sono rientrata in mezzo alla civiltà avevo le idee un pò più chiare su quello che avrei voluto fare da grande. O forse solo sulla risposta da dare a chi mi avrebbe chiesto “cosa vuoi fare da grande?”.
Perchè ancora adesso, io da grande voglio fare la nuvola.

Una foto

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maggio 18th, 2010 Posted 23:58

"Mulino Rosso" - foto di Silvia Castellani

Post al (ta)volo

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maggio 4th, 2010 Posted 19:49

Al bar della stazione ordino il mio solito: un toast. Ormai la signora me lo prepara e io mi sento in dovere di andare a mangiarlo quel maledetto toast. Altrimenti la signora potrebbe dispiacersene e io di conseguenza. Dunque a pranzo il solito toast. Oggi c’era una rivista sul bancone che proponeva un corso di felicità e, se non un corso, una serie di consigli per diventare felici. Ho pensato fosse ridicola quella rubrica, perché è ridicolo che qualcuno pensi di poter consigliare qualcun altro sull’essere felici. Non ho letto. Magari dentro ci avrei trovato quelle storie del tipo : “accontentati delle piccole cose” oppure “sorridi se vedi crescere un fiore”. Ma dai ?! Non ho letto. Ma ho sonno. E dormo in piedi nel vero senso della frase. E’ uno di quei giorni in cui piove, il cielo è coperto da un’ombra grigiastra e io, la scorsa notte, ho riposato poco. Ricordo la volta in cui accadde, che mi addormentai in piedi. Lo ricordo perfettamente perché pensai a quant’era veritiero il detto. Ero in Egitto e stavo scalando a piedi il Monte Sinai. Quanti anni sono passati ?Molti. Dissi ad un compagno di viaggio: “sto dormendo in piedi e ho paura di cadere.” Non so se alla fine caddi, forse sì, forse non lì, quel giorno, ma sono certa della correttezza di quel sentore, di quella paura. Caddi, come corpo morto cade. Poi mi rialzai e ripresi la scalata. In cima al monte io voglio arrivarci sempre. Consigli per non cadere:

"MOTORE DI STIRLING" - foto di Silvia Castellani

Guarda la tua gamba. Se è corta come la mia, rinuncia a fare quel passo oppure fatti portare in spalla da chi si offre.

Guarda se ci sono precipizi evidenti. Se li scorgi, accertati di avere indosso un paracadute di emergenza. Se poi non si apre, vorrà dire che era destino che ti fracassassi.

Ascolta l’esperto, la tua guida, quella che ti hanno assegnato o che tu hai reclutato cammin facendo. Anche se ti sembra svalvolata, è comunque fonte di esperienza.

Prega. Non sempre, ma intensamente. Magari non verrai ascoltato, ma in cielo rimane traccia sicura dei pensieri del cuore.

Non sprecare le energie in azioni d’arroganza. Mostrare le proprie doti di scalatore serve all’orgoglio individuale, ma mai a garantirsi la salvezza.

Gioca con i più piccoli, mettendoti al loro livello. Questo è essere lungimiranti.

Mangia poco. Magari un toast.