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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Posts Tagged ‘sogni’

Il vento (Giuseppe Wochicevick)

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ottobre 5th, 2015 Posted 15:30

Il vento
Fossi vento
ti donerei le ali
per volare
sul mio cuore
nei miei sogni

Giuseppe Wochicevick

(da “Ali colorate”)

Per Wochicevick da Castellani

Prime visioni

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novembre 15th, 2013 Posted 10:47

Stanotte è stata dura. Ho pensato che una madre deve avere un autocontrollo di ferro perché i figli fin da piccolissimi mettono alla prova. Poi ho pensato alle giovani madri a quelle veramente giovani tipo che hanno vent’anni o meno e sono ancora troppo figlie loro stesse, alle madri sole, alle madri diventate tali perché vittime di violenza e insomma a tutte le madri in situazioni difficili che non sempre trovano l’aiuto e il sostegno adeguati, certe volte nemmeno da parte della loro stessa famiglia. Bisognerebbe farci tutti un bell’esame di coscienza di fronte all’universo madre. Bisognerebbe che ognuno di noi recuperasse un po’ di autocontrollo, specie un attimo prima di emettere un giudizio avventato su una madre. | 12  novembre

Ultimamente prediligo il silenzio a tante spiegazioni. Perché nella vita vera ci pensano i fatti a parlare. Oltre alle parole, più delle parole. Lo dico io che alla Parola ci tengo come alla mia vita e proprio la mia vita mi ha insegnato che la parola non va sprecata, abusata, insultata ma va rispettata soprattutto col silenzio. In fondo, se ci si pensa bene, le cose ognuno di noi le sa già, le sa tutte le cose perché il cuore trova sempre il modo di suggerirle. Siamo noi che a volte facciamo finta di niente e andiamo a chiedere le spiegazioni all’esterno, ad un altro, dimenticandoci che non è illudendosi che si starà meglio, che si guariranno i mali dello spirito. Che è solo comodo per la coscienza isterica. | 13 novembre

Sogno il giorno in cui non avremo bisogno di gesti estremi per attirare l’attenzione del prossimo. Sarà il giorno in cui il nostro vicino ci bisbiglierà all’orecchio e noi lo sentiremo, perché non ci sarà rumore, quel rumore che oggi infesta le strade di questo mondo e che ci impedisce di ascoltare. Ascoltare anche il dolore. Per la serie: le parole cristiane che mi escono dal cuore. | 14 novembre

Ascoltando il ticchettio del grande orologio in cucina…Io guardo mio figlio, che ascolta attento il ritmo del tempo e mi ricordo di un tempo altro, quello in cui in certe mattine buie e piovose come questa mi preparavo per raggiungere la fermata dell’autobus per andare a scuola, con l’ombrello curvo a ripararmi, stretta nei miei brividi di adolescente. E invece adesso, sono qui con mio figlio al caldo e sorrido mentre lo guardo, assorto, rapito dall’incanto, dallo scorrere del tempo. Sul grande orologio, che batte fiero un nuovo ritmo, il nostro . | 15 novembre

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Il pensiero di questa mattina è troppo complesso per poter essere scritto così quando fuori è buio pesto e nemmeno c’è un giusto pretesto. Perciò lo salto e mi rimetto a guardare gli animaletti luminosi della lampada che ci hanno regalato, che gira ci incanta e ci intrattiene in questa stanza magica e piena d’amore. | 8 novembre

Alle quattro di notte penso ai miei errori e ne trovo tanti, troppi. Sarà perché la notte tutto amplifica? Mi chiedo. E ancora mi chiedo: perché, ma perché farsi del male che già è dura, che già, nonostante il sonno bestiale che mi vorrebbe spiaggiata cotta svenuta a letto, devo fare saltare il ranocchio di pezza-stiamo giocando appunto a ranocchio salterino- da una sponda all’altra del lettino? | 6 novembre

Pensavo a quanto trasmettiamo ai bambini col nostro abbraccio. Nervosismo, ansia, preoccupazione, di certo gli passiamo tutto. Dunque da oggi farò tre bei respironi “butta fuori la roba brutta” prima di prendere in braccio mio figlio. | 6 novembre

“Cosa ha a che fare la notte con il sonno?” John Milton, Como, 1634. La stessa cosa ce la stiamo chiedendo io e Miko da un paio d’ore circa. In quel di Cattolica, nell’anno del Signore 2013. |  4 novembre

Alzarsi nel cuore della notte, accendere un carillon, sorridere. | 3 novembre

Le persone di notte sono più interessanti. Forse perché stanno ferme, a pensare, non come di giorno che corrono impazzite. | 31 ottobre
Eccoci qui. Nel cuore della calda notte, a giocare agli indiani. | 30 ottobre
Guardo fuori dalla grande porta finestra del salotto, la pioggia che batte, musica per le mie orecchie. In braccio cullo mio figlio, che si sta addormentando mentre io canto ‘Le passanti’ di Brassens. La finestra è troppo grande, penso che moriremo dal freddo quest’inverno poi mi coglie di sorpresa un’immagine da sogno, tutta la neve sui tetti e noi due lì tra qualche anno, con la neve a portata di mani e di piedi. Noi che apriamo la grande porta finestra una mattina d’inverno per giocare a sentire la neve, a fare un pupazzo di neve, noi con i cappotti e scalzi, che tanto non ci vede nessuno su quel piccolo scoperto, solo i tetti e i gatti che abitano su questi tetti. “Ti vorrei regalare una visione romantica della vita Michelangelo”. Gli dico così ma lui già dorme. | 21 ottobre
Stavo pensando che la vita è tanto breve perciò ha senso trascorrere il tempo che abbiamo con le persone con cui stiamo bene. Non serve sforzarsi di vedere questo o quello per compiacerlo magari, per quieto vivere altrui magari o per senso del dovere. Ecco, credo che insegnerò questo a mio figlio: stai con chi ti pare, con chi ti rilassa e ti fa divertire e ti rende sereno e fregatene delle etichette. Di tutte le etichette. | 1 ottobre
Nel mezzo del cammin della sua notte col poppant si chiese: e adesso che sono sveglia come un grillo, come potrò riaddormentarmi? Poi guardò il figlio in culla, che mostrava un simpatico volto soddisfatto per il lauto pasto lattoso appena consumato, sorrise al pensiero che la vita di un poppant si che è vita e tornò nel letto con la speranza di svenire per un paio d’ore. | 4 ottobre
Io e Michelangelo ieri siamo stati due ore di orologio davanti allo specchio. Non due ore di fila, ma in tre mandate. Abbiamo sorriso a lungo e stabilito che ci sono tante cose da vedere in quell’immagine riflessa, che è un’immagine complessa, per questo serve molto tempo per guardarla bene. | 8 ottobre
Certe persone si sono perse. Non ricordano più i loro sogni. | 8 ottobre
Ci pensavo proprio adesso (notare l’uso ad cappellam dell’Italiano) che mio figlio non ha il sorriso facile. Sarà mica che sono io che non gli do il buon esempio? Ora mi impegno, da oggi si ride fisso. | 11 ottobre
Ci sono io che mi preparo il caffè (rigorosamante decaffeinato) e mio figlio che gioca a fratello sole (carillon morbidoso così da noi ribattezzato). Fuori è buio e c’è silenzio. Ogni tanto ci guardiamo per essere sicuri di non perderci di vista in questa stanza che non ha pareti, ma alberi alberi infiniti. | 19 ottobre
A volte vorresti fare delle cose nella vita, ma per quanto tu ti impegni e ti spendi per realizzarle, non ce la fai. Che sembra proprio che ci sia una congiura, che quelle cose tu non debba farle. Altre volte, altre cose, accadono da sé, che tu eri lì che neanche ci pensavi o se ci pensavi avevi quell’atteggiamento passivo per la serie che non hai mosso un dito per fare sì che accadessero. Come si spiega tutto ciò? Si spiega con la parola destino. Nel mio destino per esempio c’è un uso dei tempi dell’Italiano a casaccio, ma non posso farci niente, c’è come una forza superiore che mi sovrasta e mi fa scrivere così. | 21 ottobre
La mia unica ambizione è ESSERE felice. Non mi interessa AVERE una bella macchina, dei bei vestiti, un bel cellulare, andare a mangiare fuori o nei locali alla moda. Sul serio, non mi interessa. La mia unica ambizione è essere felice. | 22 ottobre

Avere fame di vita non significa essere assatanati e fare tremila cose. Le persone che hanno fame di vita, sembrerà strano a dirsi, sono assolutamente tranquille e pure solitarie. | 9 settembre
E’ tutta la giornata che penso a questa cosa qua: l’allattamento è una cosa seria. Se va male l’allattamento (giornaliero), va male tutto, se va bene, va bene tutto. Però, sto diventando una filosofa della tetta. | 9 agosto



Pezzo di qualcosa, in origine documento 1 di Delfina Solinas

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ottobre 21st, 2010 Posted 12:14

Si era svegliata di soprassalto, era stato il telefono a svegliarla ma non era riuscita a rispondere, o forse aveva solo perso troppo tempo a pensare a cosa dire.
Le girava la testa, aveva fame o solo troppi pensieri sovrapposti, reali o immaginari. Aveva dormito tanto, troppo, dopo tre notti d’insonnia.
Ricordava che l’ultimo pensiero prima di addormentarsi era stato: “devo concentrarmi perché se lo voglio davvero…” E poi i pensieri avevano cominciato ad accavallarsi, a sovrapporsi, come le onde del mare in tempesta, come quando il sonno giunge e non sei più padrone della tua mente. Numeri, lettere, colori, immagini, suoni…un viso familiare, rassicurante, e uno più irreale, dai lineamenti confusi, sfumati, come un’immagine vista una sola volta di cui ci si ricorda l’insieme ma non i particolari…e poi il nulla. Il sonno l’aveva rapita e aveva dormito come un sasso, un sonno lungo, senza sogni.
Eppure qualcuno, tempo prima, le aveva detto che non si poteva dormire senza sognare, che si sognava tutte le notti e poi al mattino il sogno si poteva ricordare o dimenticare. Chiunque fosse stata quella persona, come faceva a saperlo? Erano solo teorie.
Non riuscì a trattenere un sorriso. Si rimise sotto le coperte, ora era sveglia e poteva continuare a concentrarsi.Era successo davvero?
In fondo lei ci credeva, ci aveva sempre creduto fin da piccola, quello era il suo mondo dove tutto poteva succedere, e anche se ora non ne era proprio sicura, continuava a crederlo possibile!
Come quando da bambina giocava con le bambole. Mentre sua sorella inventava delle storie fantastiche, e le bambole erano le interpreti di queste storie, lei passava le ore a pettinarle in silenzio; le storie nascevano e crescevano dentro di lei, nel suo mondo. E le bambole, con un pettine e qualche fermacapelli, potevano diventare principesse o zingare, spose o puttane.
Ora avrebbe voluto con tutta se stessa una bambola da pettinare; le avrebbe sciolto i capelli e glieli avrebbe spazzolati a lungo, lentamente e con dolcezza, poi l’avrebbe adagiata su un letto e l’avrebbe cullata fino a farla addormentare, concentrandosi su quel pensiero…e forse allora, sarebbe successo davvero.

"Delfina e io in una delle nostre infinite conversazioni sul nulla" - Foto di Stanford

Il pezzo è di Delfina Solinas

Nella foto scattata da Maria Alai delle Officine Fotografiche “Stanford”: Delfina e io in una delle nostre conversazioni sul nulla cosmico che ci mandano in pezzi. Di qualcosa.

E mi raccomando, illuminati internauti, prima di lasciare questa pagina, non dimenticatevi di scaricare l’altrettanto illuminante e-book gratuito “Sbatti generation”. Ciao e viva l’ironia:) Siempre.

Cosa vuoi fare da grande? di DELFINA SOLINAS

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maggio 23rd, 2010 Posted 13:08

Immagine 1

Chi di voi non si è mai sentito porre questa domanda? Penso nessuno.
Alle scuole elementari è la prima domanda che ti fanno.
Quando vai con mamma e papà e trovare i parenti, o dal medico, o a un funerale o al parco o al ristorante se hai un’età compresa tra i tre e i dieci anni ti chiedono: “Cosa vuoi fare da grande?”. Sembra quasi che quando un adulto non sa cosa chiedere a un bambino usi questa domanda per fare conversazione.
I maschietti in genere vogliono fare gli astronauti, i cow-boys, i pirati. Alcuni i dottori.
Le femminucce vogliono fare le ballerine, le maestre (soprattutto se a fare la fatidica domanda è la maestra, perchè si sa, le bambine a sei anni sono un pò lecca-culo), le principesse. Alcune le dottoresse.
E poi ci sono le eccezioni. Io ero un’eccezione: io a sei anni, da grande, volevo fare la nuvola.
Già la nuvola. E il bello è che tutti rispondevano “aaah che bello” senza mai chiedermi “e che cosa farebbe, di grazia, la nuvola?”. Forse già quando avevo sei anni, gli adulti mi vedevano, a ragione, come una un pò spostata. Anzi son sicura che fosse così perchè mi ricordo benissimo che da piccola sono stata spedita, su consiglio della mia maestra delle elementari a farmi strizzare da una psicologa…ma questa è un’altra storia.
Nessuno mi ha mai chiesto nulla. Sono io, la me trentenne che chiede alla me di sei anni “che cazzo fa, di grazia, la nuvola???”.
E cerco di rispondermi.
La nuvola cambia di secondo in secondo, restando sempre sé stessa. La nuvola cambia forma e colore e consistenza. La nuvola viaggia, naviga per il cielo, si tuffa nel mare sotto forma di pioggia e torna su nel cielo quando ha voglia, sotto forma di vapore acqueo. La nuvola è lì e tutti la possono vedere ma nessuno la può toccare, nessuno la può prendere, nessuno la può avere. La nuvola è di tutti e di nessuno, la nuvola è libera.
Ecco io a sei anni ero così. A me veniva l’ansia se mi dovevo mettere “in fila per due”.
Io odiavo dover andare in vacanza coi miei. Ma ci andavo, per forza.
E a 16 anni, durante una di quelle vacanze forzate, ho capito che forse la nuvola non la potevo fare, e dovevo scgliere un altro mestiere.
I miei quell’anno avevano scelto una vacanza rilassante. Un paesino sperduto nel Gennargentu, in un ex convento, in mezzo alle montagne, dove il centro abitato più vicino era a 30 km, ed era Orgosolo.
Il giorno prima della partenza ho tentato inconsciamente il suicidio lanciandomi col motorino a tutta velocità per una curva pericolosa. Mi sono fatta molto male ma non tanto da far saltare questa vacanza. Speravo almeno di incontrare un ragazzino super figo con cui fare amicizia.
E alla fine siamo partiti. Gli unici ospiti di quell’ex convento eravamo io e la mia famiglia, gli amici dei miei genitori col loro figlio mio coetaneo e un gruppo di ragazzini disabili con relativi educatori. Un ragazzo down è diventato il mio compagno di giochi preferito e la sua educatrice è diventata il mio mito, il modello da seguire!
E’ stata una vacanza bellissima e divertentissima e quando sono rientrata in mezzo alla civiltà avevo le idee un pò più chiare su quello che avrei voluto fare da grande. O forse solo sulla risposta da dare a chi mi avrebbe chiesto “cosa vuoi fare da grande?”.
Perchè ancora adesso, io da grande voglio fare la nuvola.

Racconti belli per bimbi pipistrelli

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marzo 27th, 2010 Posted 09:09

"Improvvisazione" - Foto di Tania S.

A dire la verità io è da un po’ che penso a cosa e come scrivere. Dove. E’ un po’ di giorni che sono lì lì e dico ‘adesso ho trovato questo pensiero buono o almeno mi pare. Sono a posto.’ Ma dopo non lo scrivo, rimando alla sera e alla sera mi viene da svenire perché ho problemi troppo materiali per lasciarmi andare a risolvere i pensieri. La cosa mi assilla. qualche minuto fa mi sono avvicinata ai miei scritti e ho detto: non so se sono più capace. Ho un libro di racconti a metà. e sono racconti belli, ne sono certa, io stesso quando li rileggo mi chiedo: ma li ho scritti io? Forse li ha scritti qualcun altro attraverso di me. Secondo me c’è un daimon maschile dentro di me. Questa notte  ho sognato un uomo nudo che scappava a prendere un treno e una ladra che aveva rubato delle applicazioni colorate per le unghie e la sua amica con in mano le unghie da applicare. Così la tipa del negozio, la store manager come la chiamano i signori delle agenzie interinali diceva al trio furbesco, o forse solo alla ladra: “tu per comprare delle scarpe come le mie, dovrai lavorare anni” e invece la ladra attraversava delle vite, faceva molti lavori e i soldi o le scarpe altrui non la interessavano affatto. Di fatto rimane che ho voglia di scrivere, soprattutto “trattati” così, una volta trattati gli argomenti dei trattati sono a posto, e i posteri sanno come la penso perchè non farò in tempo, data la breve vita, a dire a tutti come la penso su tutto. Allora, come per la paura, sugli argomenti importanti è meglio darsi alla trattAzione.

Pensieri da ricordare:

- mi sembro capitan uncino. Stabilire il perché.

- trovare un sistema per far sì che l’orologio biologico si spenga il sabato e la domenica.

- stare lontana dai coccodrilli, quelli veri. Non è una metafora.

- chiamare qualche amico. Serve proprio? Sì, serve.

- cambiare la tariffa al cellulare. Spendo troppo e non posso sempre chiedere all’interlocutore :”Mi puoi chiamare te che ho finito i soldi?” Se lo facessero a me, mi incazzerei e molto.

- leggere di più. leggere di più, cazzo. E due.

- volevo parlare di quella cosa della forma, che molti dicono che è il modo di dire le cose che è sbagliato e non la sostanza e te lo dicono come a dire che “devi dire diverso.” E invece la forma è la sostanza.  L’ha detto una volta anche Aldo Busi. Come ti permetti, del resto, di dirmi che non ho il modo giusto? Proprio ieri in treno sentivo una ventenne che parlava al telefono con quelle frasi preconfezionate tra cui appunto “quello che dici può anche essere giusto, ma sbagli la forma.” Sì, cretina che non sei altro, sbagli a comprare il reggiano. La prossima volta compra padano. Consuma comunque, consuma sempre e in ogni luogo. Meno male che mia sorella minore è un genio rispetto alla media dei ventenni nei cui discorsi, mio malgrado, mi imbatto. Fortunatamente mi somiglia.  Ora spero di non ritrovarmi all’inferno con il corpo conficcato nel ghiaccio.

- mi è arrivato un messaggio di telefonia. Voglio proprio cambiare gestore.

- trovare un sistema per far sì che il mio compagno di letto smetta di russare.

- andare alla montagnola e comprare completi intimi nuovi cinesi da due lire. Non è per le due lire, è che mi piace proprio il made in china. Il compagno di letto non è d’accordo, forse è per quello che russa.

- avere sempre coraggio. E’ importante. E’ importantissimo.

- lavare? pulire? lasciare stare e andare a divertirsi dopo una settimana di lavoro? ma soprattutto, votare? questa volta no. mi dispiace perché il voto è l’esercizio di un diritto-dovere e io sono una che è sempre andata a votare, ma stavolta mando tutti a cagare, perché mi sono stancata di essere presa in giro, a destra, a sinistra, in alto, in basso, fai la giravolta, falla un’altra volta, guarda in su, guarda in giù, dai un calcio a chi vuoi tu.

- la coperta estiva è davvero bella. come farò quando dovrò toglierla?

- tuttosommato è bello vivere. soprattutto quelle vite come la mia dove ogni annata è diversa dall’altra. questa è un’annata buona. tipo quelle robe del vino. sarebbe da ubriacarsi tutti i giorni…