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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Archive for dicembre, 2009

Letterina di Natale dall’Isola che c’è

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dicembre 24th, 2009 Posted 16:17

Parola di Belle - foto di Silvia Castellani

Caro Babbo Natale,

mi scuso se scrivo da arrabbiata, ma penso sia proprio il momento giusto per fare le mie richieste. Che poi quando mi calmo divento troppo diplomatica e non riduco più niente, ché la diplomazia paga tra perbenisti ed io dubito seriamente di essere tale. Dunque tra «  brava » gente si parla da arrabbiati, così ci si comunica ben bene ciò che si pensa, evitando di dirselo dietro da vigliacchi. Ti farò un po’di richieste, non tutte, perché non voglio essere ingorda e fare la fine di Corona. Al primo posto, comunque, vorrei una manciata di soldi, visto che quest’anno non dico di aver fatto la fame, ma ho vissuto in guardia, facendo attenzione al più piccolo centesimo per non venire colpita dritta in faccia dalla famigerata crisi. Di questo 2009 mi rimarranno senz’altro il ricordino di tutte le volte che sono uscita dalla porta con gli euro contati per andare al supermercato e i « tre per due » e simili che mi sono sentita costretta ad acquistare complice il buon senso rimastomi di non approfittare della generosità altrui. Nonché le visioni dei finti colpiti dalla disperazione dei tempi, tra cui, in particolare, un grasso e vecchio babbione con innumerevoli carrelli pieni di roba per sé e i suoi cani firmati da testa a coda. Al secondo posto : vorrei imbattermi, nel complesso, in gente più seria di quella incontrata quest’anno in cui ho fatto decisamente il pieno di…non so nemmeno come definirlo questo tipo di prossimo passato, tante son state le negatività che gli ho contate addosso. Comunque, la soluzione è questa, Babbo Natale : rendimi più stronza ab ovo che orgogliona in extremis. Se tu che leggi la lettera o un tuo assistente, non sapete il latino, le due locuzioni vogliono rispettivamente dire all’inizio e alla fine. Orgogliona, invece, è una parola che ho inventato io. Significa : orgogliosa e cogliona insieme. Un mix micidiale. Al terzo posto : ti chiedo di farmi incontrare numero 0 di Gatti e Volpi che si svegliano la mattina per architettare come inculcare il prossimo. Togli una c e scopri l’arcano. Mi pare, da questo punto di vista, che quest’anno io abbia ripagato abbondantemente il debito sociale pro capite di furbi del quartierino. Dunque dammi la lucidità necessaria, nel 2010, per decidere puntualmente che fidarsi è bene, non fidarsi è un bene maggiore. Non ti arrabbiare, adesso, che mi pare di sentirti mentre mi rinfacci tutte le volte in cui mi hai mandato Campanellino per cercare di avvertirmi in tempo.Cosa vuoi farci se ho sperato fino all’ultimo in un’esistenza diffusa del principio di buona fede ? Aspetta, aspetta. Adesso ti stai allargando. Cosa vuol dire « perché non mi chiedi la pace, l’amore, la fine della fame nel mondo ? » Già, Babbo Natale, perché non ti chiedo queste cose ? Perché si tratta di grandi miracoli e i grandi miracoli, da credente, li chiedo a qualcun Altro, se permetti. Ah, dimenticavo : se ce la fai, ma solo se ce la fai, rendi il Gatto con gli stivali più silenzioso mentre scrivo, perché tutto quel miagolare e quel calpestare di sottofondo mi tolgono i sentimenti, oltre alle parole. Ti volevo poi chiedere se è vera la storia di Pinocchio che ad ogni Vigilia ti convince a bruciare le lettere dei grandi, perché questa voce da un po’ sta girando in lungo e in largo tra gli adulti e ti confesso che ho il fondato sospetto che possa essere vera. Va bene che la priorità va ai bambini, però ti faccio presente che il mio è un caso speciale che merita attenzione da parte tua, essendo io mocciosa travestita da trentenne. Beh, che c’è di strano ? Mica solo i bambini giocano a fare i grandi, anche molti grandi giocano a fare i bambini. E io sono una di quei grandi lì. Allora, trattami secondo la mia vera natura, da bambina, ed esaudiscimi una volta tanto che non è vero che dopo non ho più desideri e divento grassa e depressa. Allora siamo d’accordo, ci conto. Al primo posto una manciata di soldi (non i gettoni d’oro come nei quiz però. Segnatelo) e ai punti seguenti l’immunità ai Cattivi. Aspetta, lascia stare tutto. Ho avuto un’illuminazione. Ho un desiderio più grande di tutti quelli che ho appena espresso. Questo sì che è uno di quelli che non puoi rifiutarti di esaudire, perché ne va dell’equilibrio delle vicende di tutti, anche di quelle che riguardano i bambini. Il desiderio è : non togliermi mai la voglia di combattere per i miei sogni e, se sei in vena, ti chiedo di spargere non solo su me, ma anche su tutti gli altri giovani, la tua polvere di stelle, quella che si dice che una volta che ti ha accarezzato, diventi un guerriero della luce per dirla con Coelho. Ecco sì, voglio questo per me e per tutti gli altri giovani : la voglia di lottare sempre per i nostri diritti, i nostri ideali e i nostri sogni, senza quella rassegnazione che alcuni Stregoni cercano di seminare nei nostri cuori. Solo così avremo il nostro meritato lieto fine. Se questa lettera non ti è piaciuta, caro Babbo Natale, sappi che la colpa, quest’anno, è del Genio e dei Tre Porcellini.

Buon Natale
La tua affezionatissima Belle delle Principesse Disney.

Omaggio agli amici di Aquafan

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dicembre 18th, 2009 Posted 17:32

"Al sole" - foto di Silvia Castellani

Andare, camminare, ricreare. Gambe che vanno, che insistono, che accelerano, corrono, inseguono. La propria ombra che si allunga, ti raggiunge e precede il sogno di un attimo. Gambe che bramano, tese raccontano e portano in coppia una storia unica. Gambe che danzano, riempiono, rallentano, riprendono e circondano lo spazio che vedono. Si fermano. Di fronte ad un’isola vergine che dondola e magari scalpita, ma nell’acqua si affascina e innocua si culla. Il sole che illumina e riscalda i pensieri immobili. Poi l’acqua scivola via su di un gioco veloce e crea un turbine di emozione che se la intrappoli, se ne scappa lontana, attraverso un tunnel che termina su una spiaggia onirica. Dove donne si osservano, si specchiano, si cercano, si trovano. A loro agio è un superfluo descrivere, ché il senso è deciso dal languido e morbido essere in sintonia con uno spazio immaginifico. Andare, camminare, ricreare. Correre, accompagnare, riflettere. Come dire. Aspettare.

Guardare, sedere e allacciare nudi desideri con le scarpe lasciate in disparte, sull’altra sponda, a sorvegliare. Che sempre c’è l’ombra amica a riparare quel che accade nel mare di sensazioni che ci portiamo impresse nel cuore. Così i piedi possono finalmente godere, insieme alle gambe e ai loro pensieri, quella luce speciale che non ha nulla di artificiale ma solo la luccicanza di un raggio di sole. Con il vento che refrigera il fare, nessuno si salva, prima o poi dall’essere protagonista di un tempo unico che tutto amplifica grazie a  quel sorriso, quello sguardo, quel cenno risucchiati dall’onda emozionale che tutti travolge e qualcuno timido scansa, senza mai temere. Che proprio non può resistere agli scherzi e ai giochi di un’acqua indisciplinata che non se la smette di chiamare chi vuole partecipare.
Andare, camminare, ricreare. Braccia che vanno, che insistono, che accelerano, corrono, inseguono. La propria ombra che si allunga, ti raggiunge e precede il sogno di un attimo. Braccia che bramano, tese raccontano e portano in coppia una storia unica. Braccia che danzano, riempiono, rallentano, riprendono e circondano lo spazio che vedono. E si fermano. Poi si concentrano e si chiamano. Persone. Che si sdraiano, dormono e sognano, mentre si abbronzano, di tutto quel mondo intorno.
Si gongolano al pensiero sicuro che l’oggi è unico e muovono, insieme partecipano, che poi quell’attimo scivola via di nuovo, ancora, in quell’acqua che affascina e innocua ci culla mentre riflette le pose, le cose, le facce, le mani, le gambe, i pensieri che risplendono in mezzo a giochi d’acqua e di sole.

Rullo di tamburi

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dicembre 11th, 2009 Posted 17:07

A volte succede. Succede che la mia testa venga rapita da pericolosi pensieri alieni. Il corpo la segue per mantenersi integro. Quindi la testa va e il corpo dietro. Se il corpo evitasse l’ingrato inseguimento, i pensieri alieni troverebbero il modo di farlo fuori. Quando capita, non ci si può far niente. Si può solo arrendersi. Ora, tenere questi delitti letterari chiusi a chiave nella galera di un cassetto tarlato mi fa sentire poco sicura, perciò oggi ne libero uno e lo do in pasto al prossimo. Che lo sbrani, per cortesia, così i pensieri assassini magari si stancheranno di fare incursioni nel mio cervello. Luogo, tempistica del delitto e ripercussioni fisiche : bagno di un noto locale notturno,  occupazione dello stanzino per ben 5 minuti di orologio. Quando sono uscita, il mio corpo ha rischiato il linciaggio. Il mio corpo, spesso, in preda a pensieri assassini, viene brutalmente trascinato nei bagni dei locali notturni  e costretto a commettere delitti letterari.

1) La sua penna impiccata alla sua sedia2) Il falso indizio di un suo brutto vizio3) Il suo vero e atroce vizio, un'ossessione pericolosa, cucinare parole4) L'atroce complice del mezzo chiamato pentola5) Il delitto letterario di Silvia Castellani

Delitto letterario n°1 – RULLO DI TAMBURI

Tamburi assordanti alle mie orecchie che ascoltano un playboy che entrato nel bar dice : ‘desso ti racconto cosa è successo ieri al Flamengo di Modena. Eh, stamattina volevo dire. E’ un playboy ruspante che con stile si autosuggestiona bevendo wow, liquore all’uovo. Mentre i tamburi sfrecciano a settanta miglia all’ora con le loro bacchette magiche, sulle flatulenze dei tergicristalli che non funzionano. Cappelli neri sopra voci roche che imitano Milano, quella da bere e da fumare con uomini dalle cravatte colorate a pendere da maschere interdette. Guarda il tamburo come sta appoggiato ai bulloni e ai piatti d’oro che ogni volta si infrangono senza spaccarsi in mille pezzi. Fatti a sedere. Bronser sta alla batteria con il bicchiere vuoto e punta i piedi sperando che Romuy gli serva un Manhattan. Schiocco e piovono ordinazioni allo zero assoluto. Lei sì che se ne intende – dice il cameriere mentre osservo il ritmo tribale che un tempo ho amato e ora mi confonde negli umori del vino che due volte è stato versato. Sai, ora che scrivo di te voglio solo dimenticare, mentre un uomo fa finta di ribaltarsi sulle mie (dis)grazie. Adesso io mi becco la giovane, sta pensando e la tardona al mio fianco lo guarda lievitare in caduta libera. E sembra l’africa nera più che mai, quella che fai fatica a raccontare senza svenire. La confusione non si dirada, le braccia paiono polpettoni e qualcuno dietro la porta urla vieni a ballare con me. Dance with me. Gli piacciono le conquiste difficili e mi guarda negli occhi. Io gli dico aspettami tesoro che sto per essere servita, ma intanto non ci sto più dentro. Il conto è tutto da pagare e qualcuno ha chiamato i carabinieri. Congelata sono coperta da una coltre bianca. Jazz? Non ne sono sicura ma è questo che sento fra i tamburi di battaglia e l’energia di un corpo in movimento. Portami a ballare dico, uno di quei balli antichi che nessuno.. Questa serie è dedicata agli esercizi di stile, ai doppi sensi, ai tripli, ai suicidi per errore. Ai lupi. La mela ti ha strozzato quando tu la succhiavi e tua madre ti ha picchiato sulla testa. Il pollivendolo spaventato per l’influenza aviaria si è buttato sotto al treno e un avvocato ubriaco è caduto dal ponte. E’ morto il vecchio che cercava di salvarlo. Si è salvato l’avvocato. L’infelicità è dovuta al mio carattere. Mi incontro per piangere.
Un giorno ti sparerò accidentalmente alle gambe caro e qualcuno busserà alla porta delle mie dita sensibili. Poi non opporrò resistenza anche se nell’arma saranno rimasti due colpi. Ma ora è tempo di ballare mentre il desiderio si muove nell’antro del mio respiro pesante. Il gallo che canta è compreso nel prezzo. Dopo la croce a sinistra, vai a destra – dice. Questi del corto arrivano che è tutto finito – dico io. Adesso raccoglimento e pausa musicale. Oggi la nebbia agli irti colli piovviginando sale. Una corda vibra in mezzo alla membrana. Quante leghe sono ? Il saggio – dice. E chi è il saggio? Sono io – dice. Vedi, in mezzo agli occhi ho il terzo occhio. Se chiudo gli altri due, forse vedo. O sei un ciclope? – chiedo. Sì. E la farfalla dall’ala spezzata cade  nel suo zainetto lucido. Te lo dico, va a finire a schiaffi, qui. Te lo dico. Parole sconesse e pseudoimprecazioni di Bronser che apre le braccia e sa che è sempre lì con tutto quel che ha : corpo e pensiero. Dammi due tiri così ti do tregua e prendi il respiro. Ma che respiro prendo, saggio, che l’aria è viziata. Io sono un macaco e tu un cane rabbioso.

Uragano in corso

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dicembre 5th, 2009 Posted 13:26

Sto facendo i conti con l’uragano e dentro ci vedo PERSONE, PERSONE di ogni tipo, PERSONE come me, diverse da me. Dentro ci vedo l’altro che spesso riflette me stessa e ancor più spesso riflette il mio non essere. Delle PERSONE, se sei capace, ti puoi disinteressare oppure puoi fare finta di capirle e ancora puoi farci tante COSE con le PERSONE ma nel mio caso non puoi fare finta di non vederle. Perché per me le PERSONE sono importanti, ché io senza le PERSONE non potrei vivere, non potrei sentire e non potrei scrivere. Non potrei essere.

Cosa vedo e cosa sento nel mio uragano: rilevo sempre e sempre più spesso l’ormai famoso martirio di San Me Stesso. Forza, avanti, tutti in prima linea a farsi applaudire e se qualcosa non va, mi raccomando, dare la colpa agli altri. Tema invidia: è una cosa latente, deprimente, diffusa, che serpeggia in troppi cuori capaci solo di mettersi in cattedra al momento buono per puntare il dito contro il prossimo e dire tu hai sbagliato. Certo, che è proprio vero quanto dice il padre al figlio nel film « La ricerca della felicità », che quando uno una cosa non la sa fare, lo dice a te che non la sai fare. Poi c’è chi cerca una scusa sempre e comunque e così non troverà mai una strada. E questa non è mia. Credo ci sia molta forma nei rapporti umani, in tutti i rapporti umani e la sostanza sia una bandiera a mezz’asta che tutti conoscono e per paura troppi si affrettano a voler sventolare sul campo delle proprie battaglie personali.

Ma la guerra è un’altra cosa e la guerra è tante COSE, e quella che si combatte contro se stessi non avrà mai fine se non davanti all’acquisito concetto del diverso essere. Cerco sempre di dare il meglio in ogni cosa che faccio. Quasi mai ci riesco perché spesso non sono capita o, se sono stata capita, intendo il contrario. Come vedete, sono allergica al meglio, nonché alla comprensione in senso assoluto, pur non essendo vittima e non soffrendo di manie di persecuzione. Nonostante l’allergia al meglio, rifiuto di vaccinarmi. Se dovessi morire, SCRIVETE SULLA MIA LAPIDE: « HA RIFIUTATO DELIBERATAMENTE DI VACCINARSI CONTRO L’UOMO ». Ma non morirò facilmente, che ai miei nemici piaccia o no. Ho usato la parola nemici perché è assurdo pensare di essere tutti amici. I nemici sono quelli che mi usano indifferenza, che mi ostacolano in sordina, mi deridono, mi insultano a fatti e a parole. Ma proprio grazie a loro, ai miei nemici, ho imparato le COSE che più mi sono servite e che, ne sono sicura, mi serviranno in futuro. Io, paradossalmente, amo i nemici. Altrimenti come farei a combattere? Al centro del mio uragano ora vedo quelli che quando sono giù, la risolvono dicendomi pensa in positivo che poi sono gli stessi che quando vedono qualcuno che pensa in positivo, lo reputano poco profondo. Se ridi, non va bene. Se piangi, non va bene. Allora io dico: ma andatevene a fanculo una buona volta con i vostri sentimenti raccomandati ad uso e consumo. Bene, adesso veniamo ai punti di riferimento, miti, modelli. Li ho cambiati. Prima mi piaceva pensare che fossero una decina di PERSONE e sottolineo PERSONE che per i miti patinati c’è tempo anche se non più speranza. Allora adesso questi punti di riferimento miti modelli PERSONE si contano su una mano. Con beneficio del dubbio e non perché, come canta quel cattivo ragazzo di Morandi, devi contare solo su di te, ma perché se conti su di te, la tua responsabilità è costretta a non precipitare. E dato che la responsabilità è per me concetto decadente, trovo più opportuno auto-ispirarsi. Penso che, invece, come canta Ligabue, a volte serve un motivo… un motivo che per me, laureatami in legge non so come, ha un preciso significato. Non è da confondere con la causa. L’effetto, come per i medicinali, può essere indesiderato, ma chi potrebbe vantarsi di poter controllare gli effetti? Forse uno ce l’ho in mente, ma tuttosommato, neanche lui. Tema amici. Se ci sono i nemici, devono per forza esserci gli amici. Gli amici, come vedo nel mio uragano odierno, mi sono stati di grande aiuto. A volte. Perché altre volte avrebbero fatto meglio ad ascoltarmi piuttosto che a darmi consigli non richiesti. Avrebbero fatto meglio ad ascoltarmi per non insultare quella comprensione silenziosa che è alla base del nobile sentimento. Ora, questo uragano di oggi è tremendo. Bisogna darci un taglio e procedere per concetti, quelli che rimangono, quelli che riesco a isolare ovvero: quando scrivo d’amore, le PERSONE hanno una reazione più forte, una reazione ammorbidente come quello che si mette in lavatrice. Sono pacate, fluttuanti, piene di buoni sentimenti. Piene d’amore. Sì, le PERSONE sono migliori. Si vede che c’è bisogno d’amore. Ma oggi c’è in corso l’uragano e non si può. Oggi finiamo con questo concetto:

SCRIVO PERCHE’ NON VOGLIO ARRENDERMI ALLO STATO DI COSE. DUNQUE DEVO SCRIVERE DELLO STATO DELLE PERSONE.

Mi pare che non torni niente e l’uragano col c…o che è passato. Però, al centro dell’uragano, continua a campeggiare quella furiosa scritta che adesso mi scrivo su un foglio e attacco al muro.