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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Archive for giugno, 2009

Vita numero tre: “Parla che ti passa”

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giugno 27th, 2009 Posted 12:14

furbySto vivendo una delle tante vite che compongono la mia unica vita e che si chiama « Parla che ti passa ». Credo sia la numero tre ed ho la sensazione che sia una bella vita non foss’altro perchè non mi mancano l’amore e i soldi. Già, anche i soldi. E l’ho specificato perchè hai voglia a parlare di due cuori e una capanna (nel mio caso, due cuori e un sottotetto di 35 metri quadri in centro, che d’affitto costa come un attico a montelupo) che dopo, se non ci sono due soldi per andare a mangiare una pizza fuori, ti « mangi » l’uno con l’altra. O forse, è la numero quattro. Di vita, intendo. Ma comunque poco importa, perchè ne dovrei vivere sette come i gatti, perciò ne passerà di acqua sotto ai ponti prima di emettere l’ultimo miao. Oggi viaggio per detti. Per vivere questa vita, oltre all’amore e ai soldi, mi occorrono : un computer, un telefono, un sorriso smaliante, qualche buon vestito e una certa dose di intelligenza. Quest’ultimo elemento non fa testo, perchè mi è occorso in passato e mi occorrerà in futuro. Senza falsa modestia, non è che mi debba sforzare troppo per essere intelligente. Il problema (altrui) è che in tutte le vite mi manca un ingrediente : la furbizia. Io non sono furba, non me ne frega niente di essere furba, non prendo esempio da nessuno per imparare ad essere furba. E da oggi in poi, gradirei che le persone evitassero di invitarmi ad essere furba. La volpe nelle favole è furba. Io, nella realtà, no. L’ingrediente che non è servito nelle vite precedenti, che spero serva in questa e che, in ogni caso, servirà per certo nelle vite future : l’onestà. Frenate gli eccessi di assenso o di dissenso. Non sono interessata a sorbirmi commenti idioti (che via sms immancabilmente mi arrivano) della serie « fai bene, prima o poi l’onestà paga » oppure «  lascia stare che gli onesti se la prendono sempre in quel posto ». La mia onestà me la vivo da me. Con diplomazia. A prescindere dalle fregate che fino ad ora ho preso. Dai furbi. Che per me corrispondono ad animaletti simpatici e pelosi simili a topi. Qualcuno ne fece dei pupazzetti programmati con alcune parole standard. Dai, insomma, i furby. Ve li ricorderete senz’altro. Allora io ho incontrato questi furby programmati che, siccome sono carini in maniera esasperante, ti viene anche da fidarti e volergli bene e poi, strac, ti stroncano all’improvviso e si trovano un altro padrone lasciando te, come si suole elegantemente dire, nella merda. Perchè è così che succede ai furby, che hanno sempre bisogno di un nuovo padrone. Se fossero liberi, non sarebbero degli autentici furby. Ma torniamo alla mia terza vita per vivere la quale mi servono : un telefono, un sorriso smaliante, qualche buon vestito e una certa dose di intelligenza.  Ingrediente jolly : tenacia. La tenacia ci vuole in tutte le vite e non è da confondersi con l’accanimento terapeutico. L’insistenza  ha un limite che consiste nell’arrestarsi quando anche ad un bambino di dieci anni risulta evidente che la cosa che stai facendo non ha senso. Devo reclutare al più presto un bambino di dieci anni da portarmi appresso come consigliere. Questa cosa, forse, non ha senso. Aurevoir.

Passaggi di vite

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giugno 19th, 2009 Posted 09:18

Un viticoltore mi ha chiesto se volevo essere contadina dell’anima sua. Voleva che lo facessi per puro fine scientifico. Mi ha scritto proprio così nella sua richiesta. Fine scientifico. Io non gli ho ancora risposto, eppure sono passati giorni da quando mi ha inoltrata la sua bizzarra richiesta telematica. Il fatto è che ho voglia di coltivare la mia anima di donna. Alla sua di uomo, penserò in un’ altra stagione. La salvia nel frattempo sta crescendo forte così pure la menta che ogni tanto mastico per ingannare l’amarezza che ho in bocca. E’ un esperimento, ormai l’ho capito, che non funziona granchè, perciò tra poco provvederò a farmi un mojto. Mischiata all’alcol quella stessa menta sarà tutta un’altra cosa. Un ferro da stiro si muove avanti e indietro tra sbuffi irritanti di vapore. Le faccende domestiche mi avviliscono. dalla prima all’ultima. compreso il cambio delle lenzuola. forse dovrei decidermi a cambiare l’intero letto. Il viticoltore mi ha chiesto se volevo fare la contadina. ma qui si tratta di prendersi cura di un’anima e non credo che la stagione in cui mi trovo sia la migliore per iniziare a lavorarci su. Guardo da lontano il ferro da stiro che sbuffa tra fumi stanchi. Sono come quel ferro da stiro. Per tacer dello scassone. Lo chiamo così “scassone” perchè fa un rumore insopportabile. E’ lamentoso tale e quale ai vecchi. Il viticoltore mi ha chiesto ripetutamente di essere contadina. Vuole che sia io a fare l’esperimento. Coltivare un’anima, la sua. In base al programma stilato dovrei seminare domande, aspettare qualche tempo e veder crescere le risposte, frutti dimenticati e marciti a suo dire per carenza di attenzione. Questa cosa mi inquieta. Bisogna che glielo dica che non è la stagione adatta. Adesso io sono impegnata con il mio, di raccolto. E siccome è meno del previsto, devo pure riseminare e riseminare bene e fare più attenzione alle perfide cavallette sempre in agguato. Cambierò  le coltivazioni. Non ho altra scelta. Poi spruzzerò tutto di veleno. E’ necessario. Cose da fare: Dire di no al viticoltore. non me la sento. Come fare (allora) in base al programma: preparare un mojto, lasciare al loro destino le faccende domestiche, chiedere a mia volta al viticoltore di essere contadino dell’anima mia mia anima. Tutto ciò è scientifica follia. Maledetto scassone…

Quel mare verde mela

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giugno 16th, 2009 Posted 19:01

Ero in moto. Ero passeggera. Non era un sogno. Ero proprio lì, in aperta campagna che viaggiavo a cavalcioni di una moto che non ero io a guidare. C’era il sole ed era caldo. A un certo punto ho visto i colori. Un campo verde e una donna con un abito arancione. Le ho dato un nome. L’ho chiamata, tra me e me, la “donna del sole”. Chissà cosa ci faceva, tutta sola, di domenica, in mezzo a quel campo. Forse era andata a raccogliere delle erbe selvatiche, forse voleva solo passeggiare in mezzo a un mare verde. Ho pensato alla scatola di colori di quando ero bambina, ai colori da 36 dove c’era quella tonalità speciale di verde, che non c’era nella scatola da 24. Ho ritrovato il mio verde mela. Era una bella giornata. Io passavo sulla moto in corsa e ho visto la donna del sole. Ero in pace. Non dovevo convincere un mio simile a comprare qualcosa che non gli serviva, non dovevo ascoltare cazzate uscire dalla bocca di qualcuno per rispondergli certo, lei ha ragione, al posto di un degno « è ora che ti fai un esame di coscienza, fratello, che in giro come te ce ne sono a migliaia ». Non dovevo subire i racconti di persone  che si credono speciali. Dovevo solo starmene seduta a guardare come la donna del sole attraversava il mio mare verde mela…