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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Il dovere dell’indignazione

Stamattina la prima notizia che ho letto sul web è stata quella della Spagna, di Madrid, delle altre città spagnole, delle rivolte. Dei feriti anche. Mi sono sentita assalita immediatamente da un senso di appartenenza a quella indignazione, mi sono sentita di fare subito un esame di coscienza a riguardo. Perché è vero sì, che forse in Spagna sono messi peggio, che ci sono provvedimenti che rasentano quella soglia oltre la quale non è più possibile tollerare. Ma come siamo messi in Italia? Quanto manca, se manca, per arrivare all’esasperazione collettiva? Ricordo in questo momento le notizie di pochi mesi fa, quando c’è stato il filone, chiamiamolo così, degli imprenditori che disperati si toglievano la vita o ci provavano seriamente a farlo e ricordo altro, situazioni limite verificatesi negli ultimi tempi e non solo purtroppo dovute alla crisi. Quello che credo è che ancora in Italia c’è una rete di rapporti familiari, se così si può definire, che tiene. C’è la pensione della nonna, il contratto a tempo indeterminato del babbo (c’è ancora?), magari una casa di proprietà, una rendita varia ed eventuale che consente anche alle nuove generazioni precarie di andare avanti e magari di comprarsi anche lo smart phone. Ma quanto potrà durare questa ‘ragnatela parentale’? In tutta sincerità, non lo so. Considerato inoltre il fatto che la realizzazione come individuo, in termini proprio di libertà intendo, va a puttane. Io so solo che mi sento ‘civilmente responsabile’, che sono attualmente disoccupata, che prendo l’assegno di disoccupazione (ancora), che sono fortunata perché se non riuscirò a ritrovare una rendita ho alle spalle una famiglia che mi può aiutare (ancora?), che amo l’arte e la cultura, che non mi vergogno di niente e di nessuno, che non posso pensare solo a me stessa, che non posso ragionare in termini particolari, che sono pronta a manifestare la mia indignazione per questo paese dove chi governa mi sembra molto capace di chiedere sacrifici (ancora?) alla ‘gente che sta in basso’ che non ne può più e che troppo spesso soffre e si dispera in silenzio e in solitudine. Mentre qualcuno dalla tv (ancora) continua a ‘venderci’ fesserie e qualcun altro sui social network (ancora) gioca a coltivare il proprio orticello. E mi scuso se non mi sono espressa bene o se non ho fatto un’analisi dettagliata della situazione (ancora), ma ho il diritto e il dovere di indignarmi come cittadina italiana e, permettetemi, del mondo.

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This entry was posted on venerdì, luglio 20th, 2012 at 15:21 and is filed under Senza categoria. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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