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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

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Il non essere all’altezza e l’uomo-grattacielo

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luglio 29th, 2009 Posted 20:26

foto di Silvia CastellaniForse è tutta una questione di centimentri. Nel senso di altezza. Non può essere diversamente che si giustifica la frase “ho incontrato gente che non è alla mia altezza” che, sulla sottoscritta che sfiora il metro e sessanta, è di difficile metabolizzazione. Preso per buono il significato ipotizzato, risulterebbe che io non sono mai all’altezza di nessuno e questa è  una conclusione che non mi piace. Così, visto che questa frase l’ho sentita pronunciare molte volte ma mai nessuno si prende la briga di argomentarla per bene, ho deciso, per sconfiggere l’atroce dubbio, di avviare un sondaggio. Oggi ho scelto la prima vittima, un uomo di mezza età a cui ho chiesto cosa esattamente intendesse con « ho incontrato gente che non è alla mia altezza ». Ha risposto che le donne che ha incontrato non erano alla sua altezza. In che senso? Ho chiesto, in quello che io incarno? In che senso? Ha richiesto lui. Così abbiamo perso i primi tre minuti ognuno dietro il senso altrui. Lui ha aggiunto “non mi meritano”. Bene. Non ti meritano. Perchè? Come perchè? fa lui. E abbiamo riperso altri tre minuti dietro agli inutili perchè. Finchè ho trovato la chiave. Hai sofferto molto? Sì. Quindi il non essere all’altezza non è una questione di centimetri (sempre in senso verticale verso il cielo) ma può avere a che fare con la sofferenza, con l’anima, con la coscienza. E di conseguenza, con una interessante teoria che mi è capitato di leggere qualche tempo fa. La teoria dice che gli uomini e le organizzazioni, che non sono altro che uomini in forma aggregata, possono essere rappresentati alla stregua di un grattacielo di cento piani dove ogni piano è un livello della coscienza e il livello è progressivamente più percettivo muovendosi dal basso verso l’alto. I soggetti cosa vedono? Vedono delle porzioni più o meno ampie del mondo in cui vivono. In pratica, chi si trova nella cantina vede appena se fuori piove o c’è il sole, chi sta ai primi piani vede soltanto, ma lo vede benissimo, il giardino che circonda l’edificio. Se si prende l’ascensore della progressiva consapevolezza, il giardino non si vede più, a mano a mano che  si sale, nella sua particolarità: si vede solo che esiste e che è una vistosa macchia verde, ma si può vedere cosa c’è al di là dello steccato che lo circonda e lo contiene, si vedono i campi e le colline e gli altri palazzi e le persone che passano per strada. I gruppi giovanili spesso stanno, per età e comodità, per carattere e per inconsapevolezza, a piani piuttosto bassi della loro coscienza e vedono bene solo ciò che è vicino al loro naso, il quotidiano, il contingente, vedono quello che hanno o che non hanno e non quello che potrebbero avere o potrebbero non avere più in un futuro anche prossimo. Occorre capire che, salendo, il mondo non cambia, ma cambia quello che nel mondo si può vedere. La domanda è : come farò io giovane e dal mio metro e sessanta scarso a riscoprire il valore di una visione lontana ? E, soprattutto, chi sarà la mia prossima vittima?