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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

La pazzia di essere ricordati

La Pazzia - Utrillo

E’ una storia troppo bella per tacerla. E’ una storia che non può lasciare indifferenti perché vi si mescolano l’arte, l’amore e i gesti feroci, i soli che forse valgono la pazzia di essere ricordati. C’è un destino in questa storia che unisce due vite, legate molto strette e molto oltre al sentimento proprio dei legami di sangue. C’è un destino che lega una madre e un figlio. E c’è una città, che fa da sfondo alle loro vicende, che se non si fossero svolte in quella esatta cornice, oggi, è pressoché certo, questa storia non esisterebbe. La madre si chiama Marie-Clèmentine Valadon e cresce “libera” sulla Butte di Montmartre, a Parigi. Hugo, descrivendo nei Miserabili la figura dello ’scugnizzo’ parigino, scrive: “Non aveva casa né pane, non aveva fuoco né amore; era però contento perché era libero”. Sulla Butte la conoscono tutti, così come conoscono la di lei madre, spesso ubriaca. Poco più che bambina, Marie-Clèmentine va a lavorare al circo. Ha provato a fare la sarta, ma non ha funzionato. Lei disegna, lei è bella, lei è cresciuta “libera” e allora va bene il circo. Lì può esibirsi, può esprimersi, lì ci sono occhi che la guardano, mani che la applaudono. Disegna animali, le piacciono i cani, i gatti e i cavalli. Anche i fiori. E’ a causa di una rovinosa caduta che finisce presto  la sua carriera da circense e allora, a sedici anni, sulla Butte, terra di artisti, terra in fermento, terra di speranze, inizia a fare la modella. Forse inizia a fare la modella sedotta dall’amore fisico, oppure succede il contrario, è facendo l’amore forse che si ritrova a fare la modella. Un giorno decide di andare a mostrare i suoi disegni a Puvis de Chavannes che di anni ne ha cinquantotto, ma ha anche uno studio a Neuilly ed è un pittore acclamato.  Lui la prende con sè, ma la loro relazione non dura molto. Il maestro successivo è Pierre-Auguste Renoir che ha poco più di quarant’anni ed è possibile che i due si amino davvero. Però più tardi lei dirà: “Renoir, un vrai peintre, mais pas de coeur!” Un vero pittore, ma niente cuore. E’ lui, infatti, che a un certo punto la allontana, su richiesta della fidanzata che li scopre in atteggiamenti inequivocabili. Renoir obbedisce, manda via la modella. E’ il 26 dicembre del 1883 e Marie-Clèmentine dà alla luce Maurice. Non si sa chi sia il padre. I candidati alla paternità sono: Rodin, Renoir, lo scultore Bartholomè, il veneziano Zandomeneghi e lo studente catalano Miguel Utrillo y Molins. E’ quest’ultimo che otto anni dopo, una sera in cui ancora si discute di chi sia figlio il piccolo, si alza in piedi e proclama: “Per me sarebbe un vero onore poter firmare col mio nome l’opera di uno di questi grandi maestri!” Maurice è solo un bambino e gli è proibito entrare in casa prima che sua madre abbia terminato le sue “sedute d’amore” con gli occasionali amanti. Se ne sta seduto sul marciapiede, la testa stretta tra le mani. Maurice è solo un bambino, ma è un bambino sofferente, ha forti  attacchi di epilessia che vengono placati con del vino rosso. Maurice cresce così sulla Butte, “libero” come sua madre.  Da adulto, alcolizzato, il suo nome viene ridicolizzato in Litrillo e anche gli sfruttatori di prostitute che oziano a Pigalle lo deridono. Nella fase più acuta del suo male arriverà a bere dell’acqua di colonia e della trementina che usava per stemperare i colori. Maurice è furioso. Gli amici del “Lapin agile” che sono Russeau, Modigliani e Picasso, quando lo vedono cadere ubriaco, si affrettano a legarlo con delle corde al tavolo per evitare che al risveglio spacchi tutto. Viene ricoverato più volte in case di cura per essere disintossicato e sarà proprio un medico, dopo averlo dimesso dalla clinica in cui era andato a disintossicarsi, che consiglierà alla madre di tenerlo occupato con la pittura. Maurice ha diciannove anni. Scrive Francis Carco: “Chiedeva ai suoi quadri solo una consolazione ai suoi mali. Erano un rifugio, una compagnia nei giorni brutti, un sollievo, una speranza quotidiana. Ecco perché quell’artista non può essere collegato a nessun altro”. La madre, che Toulouse-Lautrec ribattezzerà Suzanne e che era riuscita a farsi un nome come pittrice soprattutto grazie a Edgar Degas, costringerà quel figlio alla tela, lo inciterà, lo incoraggerà e lo aiuterà a diventare Utrillo, quel grande pittore senza pari che ha dipinto “La Pazzia”. Morirà diciassette anni dopo la madre, colmando così quella differenza che li aveva separati all’inizio.

Ho appreso questa storia da un bellissimo libro di Corrado Augias che si intitola “I segreti di Parigi” che vi consiglio di leggere.

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This entry was posted on giovedì, giugno 30th, 2011 at 17:49 and is filed under Senza categoria. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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