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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Posts Tagged ‘raccontare’

La casa del vento

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giugno 28th, 2013 Posted 10:09

A un certo punto devo andarmene, dai luoghi dalle persone da entrambi, non più da uno che da gli altri. Devo andarmene perché sono, mi sento, come il vento che soffia e accarezza e viaggia e va lontano e poi di nuovo, ritorna, si ferma, si appoggia e poi la sua natura fa sì che si rimetta in moto, un moto perpetuo. Non è scappare, è solo andare, fluire, scorrere, essere TALE. Raccontare.

Dall'album "Fortezze, orsi, sirene"|SissiCastel Photographie

Resistere. Anche alla morte

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settembre 25th, 2008 Posted 14:18

Questa mattina sono andata al podere del nonno ad aiutare per la vendemmia. Poi si è messo a piovere. Ma io sono riuscita lo stesso a fotografare un piccolo nido costruito nel bel mezzo di una vite. Non mi hanno fermato nè il fango che faceva sprofondare i miei piedi, nè le lacrime del cielo.

Dal mio diario – 29 gennaio 2007

Sono qui perchè mio nonno è morto. Penso che mai come in questi momenti, ognuno di noi potrebbe mostrare a pieno il suo dentro. E’ morto mio nonno e io non penso niente. Qualcuno dice che è rigido. Si riferisce alla temperatura esterna. Io penso a quella corporea del nonno. Mi aggiro per la camera da letto dove stanno scegliendo il suo completo funebre. Sto attenta alla cravatta. Mi pare di ricordare che lui amasse l’azzurro così insisto su questo colore. Non sono d’accordo che lo vestano tutto di scuro. In fondo, era un uomo allegro. E per la vita che si è trovato a vivere, un uomo probo. L’hanno trovato nel suo podere di campagna, steso accanto ai cavoli. L’hanno trovato solo accanto alla sua passione, alle sue viti, alla sua frutta. Lui quel podere l’aveva voluto con tutto se stesso. Rappresentava un rifugio, forse, e una speranza. Se avesse potuto scegliere, è proprio lì che avrebbe voluto morire. E credo anche che il fatto di essere solo, non gli sia dispiaciuto poi molto. L’ho visto l’ultima volta il 24 gennaio, il giorno dopo del mio compleanno. Mi aveva chiamata sul cellulare per dirmi che non si era dimenticato. Neanch’io, nonno, mi sono dimenticata. Neanche del grande orologio tondo di cui contavo i minuti in attesa che tu tornassi dal lavoro. Per fortuna che un orologio te l’abbiamo lasciato al polso, così potrai sempre tenere d’occhio l’ora del ritorno. L’immagine che ho di te e che voglio conservare è quella in cui siedi accanto al telefono grigio, appoggiato al termosifone, proprio sotto il grande orologio. Prima mi sono seduta sulla tua poltrona con le gambe accavallate proprio come ti posizionavi tu. Quando c’era un ospite. Quando c’ero anch’io. Mi ha fatto piacere scambiare due chiacchere l’altro giorno. Sono riuscita ad aggiornarti sul mio essere nulla. Mi sarebbe piaciuto che mi vedessi alla televisione o sposata. Non hai fatto in tempo ad essere fiero di me. E io non ho fatto in tempo a portarti a vedere i delfini. Ma un delfino dipinto è riuscito a guardare te, steso sul marmo. Soltanto ora mi ricordo di questo tuo desiderio, solo adesso che di fronte alla camera mortuaria vedo un delfino che spicca un salto dentro alla tela. Sono stata sciocca la scorsa estate a dirti che i delfini di Oltremare li avremmo visti insieme un altr’anno, sottovalutando che il tempo, alla tua età, è un attimo sfuggente. Non ho parlato abbastanza con te, ma le poche cose che so le ricordo perfettamente. La cavalla, la Francia, le botte che ti hanno dato quella volta che non ti sei voluto alzare in piedi quando il duce parlava alla tv. Tutto. Mi ricordo tutto. Anche i racconti della Russia. Sul tavolo di marmo, ti hanno messo fra le mani una croce e un rosario. Io avrei voluto metterti un vecchio disco di bandiera rossa e un santino di Berlinguer. Mi avrebbero cacciata dandomi della blasfema. La gente è molto stupida nonno, perchè non capisce che ognuno ha la propria fede.

Addio

Roberto Saviano ha detto : « raccontare è resistere ».