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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

Posts Tagged ‘viaggio’

In viaggio, sempre

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febbraio 12th, 2015 Posted 16:49

Ho lasciato la Romagna, mi sono trasferita in Veneto. Certo, ci tornerò spesso in quell’antica terra di briganti, almeno credo. Ma inizierò un nuovo viaggio qua. C’è un po’ di paura, ci sono le perplessità, le speranze, i dubbi, i desideri e tante altre sensazioni, quelle che sempre accompagnano i cambiamenti. Ho lasciato la Romagna e avevo ancora un sacco di cose da fare là e non perché mi fossi ridotta all’ultimo come mio solito, no questa volta no. Avevo ancora un sacco di cose da fare perché semplicemente quando te ne vai le cose da fare sono tante. E molte restano da fare, e sai che non le farai più. Però torno, torni spesso Silvia, continuo a ripetermelo, perché magari questa storia che torno spesso diventa vera. Oppure non torno, che sto bene anche qua in Veneto. Sì, sto bene di sicuro qua, perché come mi ha detto qualche tempo fa un’amica “tu non devi preoccuparti perché in fondo sei una che è qua ma non è qua, è lì ed è anche là. Insomma sei qua ma non sei qua, sei là”. Voleva dire che con la testa sto sempre un po’ dove mi pare. E questo in confronto a un trasferimento fisico non è niente. Devo ricordarmelo ogni giorno che sono qua. Come là.

Montagne rosa

Luci di viaggio (IV)

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luglio 18th, 2014 Posted 15:43

Da inizio giugno collaboro con il blog delle Edizioni Noubs con la rubrica di fotografia e parole intitolata “Luci di viaggio”. Si tratta di suggestioni di viaggio, impressioni, e tutte quelle “luci” che ciascuno di noi può incontrare durante il suo misterioso viaggio. La rubrica, a cadenza bisettimanale, durerà tutta l’estate. Sono previsti sei interventi. Qui sul mio blog vi propongo un assaggio di parole. Vi invito però a seguire l’iniziativa completa sul blog delle Edizioni Noubs.

Questo è un assaggio della quarta uscita:

“Luci di viaggio” del 18 luglio 2014:

VERTIGINE

E’ stata una vertigine

stringerti forte sul cuore

vedere

gli occhi chiusi le mani strette a pugno


Ti hanno preso subito

dovevi fare dei controlli

il tuo respiro non stava al posto


Com’è possibile?

Ho chiesto di te

mentre le ore passavano

le persone andavano e venivano

c’erano emergenze

non eri tu.

Continua la lettura e guarda le immagini a questo link:

http://noubs.wordpress.com/2014/07/18/luci-di-viaggio-vertigine-di-silvia-castellani/


Sorriso color del cielo

La fotografia di questo articolo non è quella di rubrica. I testi e le fotografie di rubrica sono in esclusiva per Noubs Edizioni.


Luci di viaggio (III)

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luglio 9th, 2014 Posted 14:21

Da inizio giugno collaboro con il blog delle Edizioni Noubs con la rubrica di fotografia e parole intitolata “Luci di viaggio”. Si tratta di suggestioni di viaggio, impressioni, e tutte quelle “luci” che ciascuno di noi può incontrare durante il suo misterioso viaggio. La rubrica, a cadenza bisettimanale, durerà tutta l’estate. Sono previsti sei interventi. Qui sul mio blog vi propongo un assaggio di parole. Vi invito però a seguire l’iniziativa completa sul blog delle Edizioni Noubs.

Questo è un assaggio della terza uscita:

“Luci di viaggio” del 6 luglio 2014:

Farsi invadere

da entusiasmi

scoprirsi bambini

ancora capaci

di sorridere al mondo.

Non conta se è falso

se lo immagini

diventa vero

lo senti sul corpo

un brivido forte

ti scuote nel profondo.

——————————————

La lettura continua sul blog di Noubs a questo link:

http://noubs.wordpress.com/2014/07/06/entusiasmo-luci-di-viaggio-di-silvia-castellani/

Buona lettura e buona visione.

L’immagine di questo articolo non è l’immagine di rubrica.

cielo di luce

“Luci di viaggio” (I)

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giugno 12th, 2014 Posted 08:50

Da inizio giugno collaboro con il blog delle Edizioni Noubs con la rubrica di fotografia e parole intitolata “Luci di viaggio”. Si tratta di suggestioni di viaggio, impressioni, e tutte quelle “luci” che ciascuno di noi può incontrare durante il suo misterioso viaggio. La rubrica è a cadenza bisettimanale e durerà tutta l’estate. Qui sul mio blog, ad ogni uscita, troverete un assaggio di parole. Vi invito però a seguire l’iniziativa completa sul blog delle Edizioni Noubs.

“Luci di viaggio” del 7 giugno 2014:

Mi piacerebbe
un giorno
correre a perdifiato
sporcarmi di verde
senza ragione
senza sapere

un sorriso
lasciare
stesa
il cielo
guardare
vedere te
a fianco amore
e sentire
attraverso la tua mano
che il tempo
non è stato perduto.

Continua la lettura sul blog di Noubs a questo link:
http://noubs.wordpress.com/2014/06/06/luci-di-viaggio-di-silvia-castellani/

Buona lettura e buona visione.

L’immagine di questo articolo non è quella di rubrica.

Luci di viaggio

La casa del vento

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giugno 28th, 2013 Posted 10:09

A un certo punto devo andarmene, dai luoghi dalle persone da entrambi, non più da uno che da gli altri. Devo andarmene perché sono, mi sento, come il vento che soffia e accarezza e viaggia e va lontano e poi di nuovo, ritorna, si ferma, si appoggia e poi la sua natura fa sì che si rimetta in moto, un moto perpetuo. Non è scappare, è solo andare, fluire, scorrere, essere TALE. Raccontare.

Dall'album "Fortezze, orsi, sirene"|SissiCastel Photographie

La valigia di cartone

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febbraio 12th, 2010 Posted 19:10

La valigia di cartone - foto di Silvia Castellani

E’ stato un amico, un artista affermato, una persona che stimo a consigliarmi di scrivere questa storia. Che non dovevo limitarmi a viverla, ma dovevo scriverla. Mi ha detto così riguardo a questa storia che ogni giorno, attraverso il passare delle stagioni, vivo. L’ha definita bella, commovente e antica perché è una storia che parte da lontano e si tramanda e viaggia perché vuole arrivare lontano. Vuole arrivare lontano per poi ritornare alle origini perché chi non se n’è mai andato, non può comprendere la gioia e l’importanza del ritorno. Eppure è ferma, ora, questa storia, apparentemente è un racconto fermo, ma forse è proprio nell’immobilità che tutto nasce.

Siamo in Francia negli anni Cinquanta e c’è un giovane uomo con una valigia di cartone. Ha lasciato l’Italia, il suo paese e la sua casa in cerca di lavoro e di fortuna. L’uomo farà poi ritorno a quella casa, a quel paese, a quei vicini e alle loro finestre perché è da lì che lui vuole guardare il mondo. Ma adesso quel giovane è in Francia con la sua valigia di cartone che può contenere poche cose, pochi effetti personali. Prima di partire, forse per paura di perderlo quel misero bagaglio, ha scritto il proprio nome ovunque, fuori e due volte dentro, perché sia chiaro e perché spera che qualcuno, se dovesse succedere un imprevisto, possa riportare tracce di sè. Al suo paese, a quei vicini e a quelle finestre da dove lui vuole guardare il mondo. Quell’uomo è un migrante e io all’epoca non sono ancora nata.

Io entro dopo in questa storia, alla fine degli anni Settanta, quando quella valigia di cartone non serve più. Apparentemente è inutile. L’uomo è tornato, ha smesso di viaggiare, o forse il viaggio si è solo interrotto perché lui ha trovato la sua fortuna. E l’ha trovata al paese. Ma quella valigia, piena di polvere e ormai inservibile è ancora lì e mi chiama. Nessuno oggi vorrebbe mettersi in viaggio con una valigia del genere. Soprattutto per andare lontano. Per esempio in Francia. Ma la valigia mi chiama e la mia anima in viaggio la ascolta e decide di portarla con sè. Ovunque vada. A me quella valigia serve. E’ il mio unico effetto personale. L’unico che valga la pena, un giorno lontano, di conservare perché riporti tracce di me, perché mi ricorda, ogni giorno, chi sono, da dove vengo e come voglio vedere le cose del mondo. So che la mia strada, parafrasando Jules Verne, porta a un destino più che a una destinazione e quella valigia è lì a raccontarmelo ogni momento. E’ un’opera d’arte, anche se nessuno avrebbe l’ardire di affermarlo. Quella valigia sono io. La valigia ora è esposta nel piccolo sottotetto dove vivo. E’ aperta e dentro non c’è niente. C’è solo quel  nome scritto a penna. E due iniziali nere, ripetute con il pennarello grosso. Le iniziali sono S e B. E c’è il nome per intero. Scritto in corsivo con una calligrafia elementare, ma molto curata. Perché è un gesto importante quella
scritta. E’ definitivo. Segna l’inizio del viaggio.

La valigia è piccola e il proprietario, l’abbiamo detto, ci fece un lungo viaggio. Andò in Francia negli anni Cinquanta in cerca di lavoro e
di fortuna.

S. B, il proprietario della valigia, mi ha lasciato  in eredità quel suo “effetto personale”, e io la vedo sempre, davanti a me, la scena in cui mi dice tienila, Silvia, non sei te quella che dice sempre che vuole  viaggiare?

E infatti, quando ho deciso di mettermi in viaggio,
me la sono portata dietro la valigia di cartone di S.B. La valigia è
aperta, ai piedi del letto a ricordarmi che posso andarmene quando voglio. Posso rimettermi in viaggio in ogni momento. E’ apparentemente vuota, quella valigia, ma in realtà è piena.

Ho intitolato l’opera d’arte: POVERO MIGRANTE CON VALIGIA PIENA DI
PERPLESSITA’

E ora vi chiedo, una volta in più, chi avrebbe l’ardire di affermare che quella valigia,
la valigia di S. B segnata con il pennarello nero, come una
marchiatura perenne, possa essere un’opera d’arte? Solo io, di certo,
perché “vedo” tutto quello che non c’è. Perché non serve. Quello che
serve, per viaggiare, è tutto lì. Quello che serve a una come me per viaggiare è tutto lì.

S. B era mio nonno. S. B in qualche modo sono anch’io. Boa Sorte.

C’est un ami, un artiste accompli, une personne que j’ai me conseilla d’écrire cette histoire. Je n’aurais pas dû me limiter à vivre, mais je devais l’écrire. Il m’a raconté cette histoire pour que chaque jour, par le passage des saisons, en vie. Il a appelé belle, émouvante et vieux parce que c’est une histoire qui a commencé il ya longtemps et a été rendue et en voyage, car il veut aller la distance. Il veut s’éloigner, puis revenir à l’essentiel, car qui a jamais vraiment disparu, ne peut pas comprendre la joie et l’importance de la déclaration. Pourtant, il est encore, aujourd’hui, cette histoire est apparemment toujours une histoire, mais peut-être c’est juste que tout est né dans le calme.

Nous sommes en France dans les années cinquante et il est un jeune homme avec une valise en carton. Il quitta l’Italie, son pays et sa maison à la recherche de travail et de chance.Il reviendra ensuite à la maison à ce pays, leurs voisins et leurs fenêtres, parce que c’est là où il veut voir le monde. Mais ce jeune homme est maintenant en France avec sa valise en carton pouvant contenir un certain nombre de choses, quelques effets personnels. Avant de quitter, peut-être par crainte de perdre que les bagages misérable, a écrit son nom partout, à l’extérieur et l’intérieur deux fois, et il espère qu’il soit clair que personne, si quelque chose d’inattendu se produit, peut porter des traces de leurs propres. Dans son pays, à ceux et celles à proximité de fenêtres d’où il veut voir le monde. L’homme est un migrant et moi ne sommes pas encore né à l’époque.

Après-je entrer dans cette histoire, dans la fin des années soixante, lorsque la valise en carton ne sont plus nécessaires. Apparemment, il ne sert à rien. L’homme revint, cessé de voyager, ou peut-être que le voyage a été arrêté parce qu’il a trouvé sa fortune. Et il a trouvé le pays. Mais la valise pleine de poussière et de devenir inutile et il est toujours m’appeler. Personne aujourd’hui ne voudrait Voyage avec une valise comme ça. Surtout pour s’en aller. Par exemple, en France.Mais la valise de m’appeler, et mon âme entend et décide de faire un tour à l’emmener avec lui. Partout où il va. J’ai besoin de cette valise. C’est mon seul effet personnel. La seule valeur d’un jour de suite, si nécessaire pour garder une trace de moi, car elle me rappelle tous les jours qui je suis, d’où je viens et comment je vois les choses dans le monde. Je sais que ma manière, pour paraphraser Jules Verne, conduit à un destin plutôt qu’une destination et que la valise est là pour me dire tout le temps. C’est une œuvre d’art, même si personne n’oserait dire. Cette affaire, c’est moi. L’affaire est maintenant exposée dans le petit grenier où je vis. Il est ouvert et à l’intérieur il n’y a rien. Il ya juste le nom écrit à la plume. Et deux noirs initial avec le gros feutre à plusieurs reprises. Les initiales sont S et B. Et il ya le nom en entier. écriture cursive avec un niveau élémentaire, mais très élégant. Parce que c’est un geste important qui
écrite. E ‘final. Il marque le début du voyage.

La valise est petite et le propriétaire, nous l’avons dit, nous avons fait un long voyage.Il se rend en France dans les années cinquante et la recherche de travail
de chance.

S. B, le propriétaire de la valise, elle lègue tous ses «effets personnels», et je vois toujours devant moi, la scène où je dis que le garder, Silvia, n’est-ce pas celui qui dit toujours qu’il veut Voyage?

En fait, quand j’ai décidé de Voyage,
J’ai l’écoulement derrière le carton valise, la valise est en SB
ouverte au pied du lit pour me rappeler que je peux partir quand je veux. Puis-je revenir sur la route en tout temps. Et «apparemment vide la valise, mais il est plein.

J’ai appelé: POVERO MIGRANTE CON VALIGIA PIENA DI PERPLESSITA’

Et maintenant je vous demander, une fois de plus, qui oserait dire que la valise,
le cas de S. B marquée avec un marqueur noir, comme un
marquage permanent, peut être une œuvre d’art? Seulement moi, bien sûr,
parce que je «vois» tout ce qui n’est pas là. Pourquoi ne pas nécessaires. Qu’est-ce
besoin de Voyage, tout est là.Qu’est-ce utilisé pour quelqu’un comme moi de Voyage est là.

S. B était mon grand-père. S. B en quelque sorte trop. Boa Sorte.