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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

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E’ in giorni come questo che sento tutto il peso di vivere+ ritrova-menti (immagine per la serie)

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luglio 7th, 2015 Posted 13:08

Dal mio diario quotidiano – 07/07/2010

E’ in giorni come questo che sento tutto il peso di vivere,

quando guardo fuori dalla finestra e ci vedo il ventilatore che se ne sta sul terrazzino a smuovere l’aria. Per farla entrare dentro. E’ una tecnica intelligente, a lungo studiata. O è una puttanata colossale. Non lo so. E’ in giorni come questo, che sono stata a lavorare fuori città per più di dieci ore e non è il primo giorno che lo faccio, sono mesi che lo faccio e per uno stipendio dignitoso sì, ma che vita è questa che poi alle dieci di sera sono morta e dico morta? E penso che l’indomani alle sette ricomincerà un altro giorno, uguale a questo, inutile alla mia anima come questo. E’ in giorni così che sali sul treno e non hai voglia di una sola parola, nemmeno di conforto che di conforto non è, perché chi parla, chi ti vuole parlare anche contro la tua volontà e la tua postura chiusa, a prova di studente di psicologia del primo anno, ha bisogno lui di essere confortato. Oppure è semplicemente fuori di testa, ma non è il caldo, che dà alla sua testa e nemmeno alla tua, nonostante il ventilatore fuori per fare entrare l’aria, dentro. Una puttanata colossale. E’ in questo giorno, di fronte al consolando che mi ha raccontato la sua vita in quindici minuti e mi dispiace, sai, ma non me ne frega niente se non sei di padre italiano e non hai finito il liceo. E quanto prendi di stipendio? Mi chiede. Ma perché dovrei dirlo a te, in un giorno come questo dove non trovo il senso e mi sforzo di sorridere perché mi pare a conti fatti più elegante di un vaffanculo. Ma non sono elegante io e dunque non capisco perché mi vuoi regalare una borsa firmata da figa elegante. Se proprio vuoi farmi un regalo in qualità di assoluta sconosciuta, regalami un ombrello. Ha molti usi e quello che preferisco tuttavia è il più semplice, camminarci sotto, sotto la pioggia. E’ in giorni come questo che Silvia fai presto che sono le otto passate e devo fare la doccia perché effettivamente puzzo di viaggio andato a male, che mi chiedo, come Muccino “che ne sarà di noi?” Buttati amore mio. E poi quella telefonata che non è andata e del resto non avevo grandi energie in me per farla andare, dico andare bene, e quel gruppo di tossici sull’autobus, una aveva scritto fuck sul braccio. Sì, fottiti pure, ragazza che butti via la tua vita e dillo anche a quell’altra e a quell’altra ancora. Dillo anche a me che me lo merito se sono triste nonostante un buon lavoro in tempi cupi, da lupi, nonostante un amore, anzi due, ugualmente grandi. Forse uno dei due di più. Nonostante la vita sia dura, perché è questo che fanno credere ai più affinché non rompano le palle e se ne convincano irrimediabilmente. Però, credo, è in giorni come questo che riesco a non collassare e tra l’altro scusa a chi era con me sabato, ma sono fragile fuori. Forse anche dentro. Ora qui è ventilato. Per merito di una tecnica intelligente, a lungo studiata. Basta che non cadano le candele. Potrei morirne.

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Da qualche parte che non ricordo – Diario del 02/02/2012

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giugno 1st, 2012 Posted 13:17

Da qualche parte che non ricordoC’è una parte, una parte che non ricordo, dove sono depositate le memorie di quelle vite e che vado cercando. Dev’essere senza dubbio un posto scomodo, uno spazio ristretto dove i pensieri vengono respinti come gomma. Rimbalzano se solo provano ad accedervi. Ma in questa parte che non ricordo stanno le risposte perse, a quelle domande che ricorrono senza sosta.  E’ quanto sta scritto tra queste mura, sulla coperta non tanto calda, sulla copertina dei monti che paiono fatti di oro. Tengo chiuse le persiane perché voglio prendendo calore dall’interno, che le piante alla finestra vivano. Voglio che i germogli salgano, si colorino e urlino alla vita. Non voglio vedere la morte, i rami secchi gelati. Non esco da due giorni, mi limito a guardare la situazione attraverso il lampione. La palla che sta in cima e che posso vedere dalla finestra della cucina si è alzata di almeno trenta centimetri. E’ la neve bianca che riflette ancora più luce, quando si accende la sera al buio. Non ci sono balconi qui e continuo a chiedermi se c’è qualcuno che passa qua sotto e come passa, se ha un ombrello, se ha gli scarponi da neve. Ma certo che passa così e chissà dove gli arriva la neve. Ha spalato qualcuno qua sotto? Sento le voci, di rado, e abbino alle stesse domande semplici adatte a questo tempo lento in mancanza delle risposte di quella parte che non ricordo. Potrei scrivere lettere d’amore, poesie dal cuore, ma l’unica cosa che realmente voglio è starmene immobile nell’attesa che la memoria si riveli.

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