Posts Tagged ‘poesia’
Ali azzurre
agosto 17th, 2015 Posted 13:10
“La luce ha ali azzurre come all’alba il pianto
della notte che scivola sull’erba per tornare
alla terra e nel sole in vapore risalire”
didascalia di Chiara De Luca
Tags: ali azzurre, chiara de luca, fotografia, Natura, poesia, silvia castellani
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“La Zenta Nova” di Claudio Casadei
luglio 1st, 2015 Posted 13:51
“La Zenta Nova”
La cisa l’era pina ad zenta nova
che me a guardeva t’i óch
quasi tôt nír.
E ai lizeva i’isogn ad ch’i ragaz
s’i fiol t’al brazi
e i vistid d’la dmenga!
E me, c’ormai an cred nienca ma Crist,
a steva ben trameza c’la spirenza
che l’as sintiva t’l’eria e t’e respir.
Pu a guardéva cl’om e la su crosa
e a ciudiva i óch prighend da zît.
© Claudio Casadei
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“La Gente Nuova”
La chiesa era piena di gente nuova
che io guardavo negli occhi
quasi tutti neri.
E ci leggevo i sogni di quei ragazzi,
coi figli in braccio
e gli abiti della festa!
E io, che ormai non credo nemmeno in Cristo,
stavo bene in mezzo a quella speranza
che si sentiva nell’aria e nel respiro.
Poi guardavo quell’Uomo e la sua croce
e chiudevo gli occhi pregando in silenzio.
© Claudio Casadei
Titolo dell’immagine: “Campanili”, Estate 2015
Tags: campanile, chiesa, claudio casadei, dialetto romagnolo, fotografia, gente nuova, poesia, rose, silvia castellani
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“Le nuvole che sono” sul blog Farapoesia
giugno 10th, 2015 Posted 16:30
Partirà la prossima settimana, sul blog Farapoesia, che ringrazio, “Le nuvole che sono”, iniziativa di Parole e Immagini, a mia cura, che ospiterà meravigliosi testi poetici insieme a fotografie di cieli e nuvole. L’iniziativa, a cadenza settimanale, si protrarrà per tutta l’estate. Siete tutti invitati fin da ora, cari amici, sul blog Farapoesia a leggere e a vedere, di cieli e di nuvole.
Tags: cieli, farapoesia, fotografia, nuvole, poesia, rubrica
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“La pace è in silenzio” di Raffaele Ferrario
maggio 15th, 2015 Posted 15:13
Accadere
Che
Esista
la PACE salda di fronte alla guerra
Possiamo
Anche
Cantarla
Entusiasti
delle reminiscenze partigiane
Poi
Amarla
Come
Eremiti
nella quiete di preghiere informi
Potrebbe
Andare
Contro
Entità
pari a cupe distorsioni del bene
Per
Aver
Conservato
Endecasillabi
ricoperti di luce in espansione
Poco
Al
Capire
E
ancora meno al calappio del dire
Piante
Anemone
Coronaria
Erbacee
ambasciatrice di calma perfetta
Puntini puntini…
Anno Duemilaquindici
Crea
Evoluzione
sia PACE a chi trasforma il proprio nome
“La pace è in silenzio” di Raffaele Ferrario
Tags: cielo, fotografia, nuvole, pace, poesia, raffaele ferrario, silenzio
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“Giorno” di Raffaele Ferrario
marzo 29th, 2015 Posted 10:23
giorno
non è vero
che i ceri
attirano l’alba
invisibile al buio
e che il silenzio
dà fuoco al terreno
quando in bocca si getta
il vapore stordito
di una pace impossibile
il tempo arde di pulviscolo
e l’aria coglie la terra
chinata su espansioni di brina
poco prima della luce
ancora sepolta
sotto curve
increspate di pioggia
e di pensieri ferrosi
dai varchi croccanti
del giorno
(Raffaele Ferrario)
Titolo dell’immagine “Bianco e nero”, Riviera romagnola, 2014
Tags: alba, bianco, buio, fotografia, giorno, luce, nero, poesia, raffaele ferrario, romagnola, silvia castellani, sinergia
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Gli angeli
agosto 5th, 2014 Posted 00:11
“Gli angeli”
qualcosa
mi dice
tu lo sai
io credo
che gli angeli
esistono.
S.C
Tags: angeli, antenne, cielo, credere, nuvole, pensiero, poesia, romagna, strade
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L’Apologo sull’onestà
marzo 21st, 2014 Posted 12:08
Ieri sera un’amica, animo sensibile, donna di altissima morale (non la cito perché è pure avvocato e si sa mai che non gradendo mi quereli. Ovviamente è una battuta, non la cito perché non è mia abitudine farlo) dicevo… questa amica mi ha regalato due fogli stampati con sopra scritto l’Apologo sull’onesta’ nel paese dei corrotti, di Italo Calvino. Ho letto diverse cose di Calvino ma questo Apolo go non lo conoscevo. L’ho letto stamattina per la prima volta. Forse questa amica mi conosce meglio di quanto io pensi, forse sa che sono questi tra i regali che mi riempiono il cuore. Ecco, oggi è la giornata mondiale della poesia ed è il primo giorno di primavera. Queste parole per me sono poesia, queste parole sono primavera: “Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione (non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare.” Tratto da Romanzi e racconti-volume 3, Racconti e apologhi sparsi, i Meridiani, Arnoldo Mondadori editore. Uscito su la Repubblica, 15 marzo 1980, col titolo ‘Apologo sull’onesta nel paese dei corrotti’. Ps: chiaramente il virgolettato da me riportato è solo un piccolo pezzo dell’Apologo.
Tags: apologo, Italo Calvino, onestà, poesia, primavera
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Una sera d’inverno alle prese con i Calzini
gennaio 8th, 2010 Posted 13:03
La Signora dei Calzini sarà con me comprensiva se questa mia parola di scrivere a suo riguardo ha subito un rilevante ritardo. Non ci sono scusanti e le attenuanti sono corse a nascondersi, quando le ho mandate a chiamare per chiedere loro di farmi perdonare di una promessa che qui cessa di esser debito. Ora dubito del fatto che la Signora mi abbia giocato uno scherzetto, perché pensando ai suoi, di calzini, dei miei alcuni ne ho smarriti. Cose che capitano tra cassetti dismessi e versi messi a stendere fuori stagione. A metà novembre, una sera come tante, non avevo affatto voglia di uscir dalla mia tana per andarmene a sentire chissà quale fesseria per le strade di Bologna ma poi mi ritrovai… in un centro sociale che forse era tale, forse no. Un banchetto di libri proponeva insieme a testi di Alda Merini, una certa Signora dei Calzini che la mia curiosità si spinse ad indagare. C’era chi prometteva uno spettacolo a breve da quelle parti e lo spettacolo, di grazia, l’ebbi, soprattutto dopo aver avvicinato di mio la singolare Signora che, a un passo dal palco, dopo intenso parlare, mi disse emblematica: mi è scomparso il mal di testa. Fu così che una poesia di riscaldamento, insieme al vino, mi entrarono dentro insieme al wow di incitamento, con quella sapiente parodia di certi ruoli che nelle date situazioni ognuno fa per assumere. Gli oggetti si appendevano e « metri altrui », si discutevano in fase di presentazione perché « la poesia è fatta di parole, mica di naso ». Ma dipende, dice la Signora, il poeta deve essere ben capace di mentire, di essere pinocchio autentico. E io sì che son d’accordo con questa nobile teoria, pur non essendo mai d’accordo con la poesia (sto mentendo, è chiaro). Sono attenta, attentissima, ma poi succede che mi distraggo e allora il Super Io interviene « guarda che se ne accorge », dice, « non mi importa », dico io, « guarda che pure la Signora qui presente si barcamena qua e là ». Già, anche lei picchia se stessa in barca con un remo. E lo confessa pure. Così diventa logico che una spugna assorba tutto il vino che c’è da quelle parti, sul palco e sotto. Cose che ti devi per forza togliere le scarpe col tacco, se non vuoi sentirti costretta a stare al gioco di tutti. Sono ospite in prima fila della Signora, e posso capire questa sporca questione legata alla dignità femminile. Ecco, nobile Signora, ora sì che piedi per terra possiamo parlare come si conviene. Lasciamo da parte l’oroscopo e i quel che accadrà, cosa accadrà, tanto nessuno lo sa. Iniziamo a parlare da « Una storia così », quella che mi hai raccontato tu a partire dalla tua scrivania che quando l’hai comperata stava su un prato. La mia, ora ti dico, la mia stava in un un vuoto. Quello della memoria che me l’ha riportata sana e salva, affinché potessi ricordarla. Vorrei poi sapere, mia santa Signora, di quanta parte di estraneità saranno composti i miei bambini. Lo so, questa domanda per prima tu te la sei fatta, ma è importante rifarsela e rifarla, se in una soluzione si vuole sperare, una soluzione pratica che non ha niente a che vedere con la « filosofia da fiori in vaso » perché anche se la condivido, non avertene a male e lascia che te lo dica, il senso non esiste per noi « gente con la tazza ». E ora, togliamoci i calzini e lasciamoli andare per il mondo, piccoli riti di passaggio a scorrere dentro un fiume in piena. Anzi, “Amare aperto”.
Ciao Alessandra, questo qua sopra, dopo aver visto il tuo straordinario spettacolo, è il mio omaggio per te.
Chi è Alessandra Racca: è poetessa di grande immaginazione che porta in giro una spettacolare performance “Eroticismi” fatta di parole, luci, suoni, ma pure sottovesti e calze a cui, per un fortunato caso, ho assistito. Ha scritto un bellissimo libro di poesie che ho letto e vi invito ad acquistare e che si intitola “Nostra signora dei calzini”. Edito da SEEd.
Tags: Alessandra Racca, bologna, calzini, Eroticismi, la Signora dei Calzini, poesia, spettacolo
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“Le nostre rose” – piccolo omaggio a Sibilla Aleramo e Dino Campana
novembre 12th, 2009 Posted 13:32
Ho visto il film « Un viaggio chiamato amore », poi mi sono documentata sui protagonisti, Sibilla Aleramo e Dino Campana, che ebbero una travagliata relazione sentimentale, messa a nudo nelle lettere che la scrittrice e il poeta si scambiarono tra il 1916 e il 1918. La vita di Dino Campana è caratterizzata dal « male oscuro » ed è scandita da ricoveri in manicomio. Ho immaginato e ancora ho immaginato e mi sono immedesimata fino a scrivere questa pagina, questa lettera immaginaria, un libero omaggio, seppur misero me ne rendo conto, ai due grandi poeti e al loro immenso Amore. Nonostante la sua pochezza, voglio condividerla, qui, adesso, con voi…
Cercavamo le rose. Le cercavamo insieme. Erano le mie rose e le tue rose. Poi ci siamo dimenticati le rose perché non erano le nostre. Erano solo le mie e le tue rose. Chiamavamo il nostro viaggio col nome amore. Nessuno si amava come noi. Pochissimi nella storia che ci ha preceduti si amavano come noi. Sono mesi che non ho tue notizie, che non ti vedo più comparire nei pressi della casa dove vivo.
Ogni tanto avverto la tua presenza vicina. Ma sono tracce, soltanto tracce che ti nascondono alla mia presenza. Se fossi rimasta al tuo fianco, te ne saresti andato comunque presto ed io avrei perso quel poco che avevo, quel poco che mi è rimasto e spero di convertire in opere di bene. Quello che è rimasto è il frutto di quel grande amore, di quel viaggio insieme che è stato e non ha potuto essere ancora, perché di fronte alle cose troppo grandi e alle distanze troppo lunghe, avverti l’infinito e scappi per non impazzire. Ma impazzirai lo stesso, amore, perché così è scritto nel tuo destino. Siamo solo pedine in mano all’Alto anche se ci sforziamo di decidere le sorti della partita. L’abilità è una sciocca tenda da cui filtra in trasparenza la natura vera che ci compone. Carne e ossa. Si muovono per un po’ dentro a mura che noi stessi ci siamo costruiti all’intorno. Le convenzioni sociali che ci illudono di una protezione di gomma che ci fa rimbalzare riportandoci al centro dove prima eravamo. La paura è quella di non innamorarsi più perché l’intensità cieca di un sentimento incontrollabile è un pericolo che pochi possono raccontare ed è meglio che l’esperienza estatica non si ripeta. Ma la natura che ci tiene per la gola spinge a desiderare quella riproduzione di suoni e colori senza pari. Sono stata invitata ad una riunione sugli psichiatrizzati. Sento che avrò presto la possibilità di andare contro al sistema, di denunciare le falle sanitarie della salute mentale. C’è stato un giorno in cui io ho potuto scegliere. Ci sono stati giorni in cui altri non hanno potuto fare la stessa scelta e si sono ritrovati legati a letti, stretti da cinghie di cuoio. Matti. Da legare. Non chiedo mai soldi a nessuno. Mi bastano un abito liso e scarpe buone e resistenti. Per il resto so che il mio Dio, il tuo Dio, provvederà ai miei bisogni primari. La mia fede non mi abbandona, non più ed è da quella forza che ora il mio spirito trae nutrimento. Non vado a letto con nessuno, da tanto tempo. Non succede perché non amo. Dubito che potrò nuovamente amare nel senso che noi conosciamo. Quello che ci faceva cercare insieme le rose disperatamente. Quelle rose che non abbiamo potuto trovare ma che hanno permesso a me di vivere per sempre.
Ti saluto, amore mio, perché la testa è stanca e non ragiona più bene.
Sibilla
Tags: Dino Campana, lettera d'amore, omaggio, poesia, Sibilla Aleramo, un viaggio chiamato amore
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