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Silvia Castellani

Tra l'essere e il fare, c'è di mezzo il pensare

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A luci spente. Follia dei colori

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settembre 7th, 2016 Posted 16:20

Chiameremo questo ricordo “Illumina-menti/Raccontami una favola”

Sono ad un incrocio, devo attraversare la strada, il semaforo è rosso.
Mi avvicino a un banchetto di vecchi libri, accanto all’incrocio, in attesa di attraversare. Se il semaforo è rosso, penso, meglio aspettare vicino a quei vecchi libri piuttosto che ai margini della strada.

L’uomo del banchetto mi guarda guardare, poi mi incoraggia a guardare meglio i suoi libri.
Io rispondo piena di timidezza, come a volermi scusare di essermi avvicinata senza volere potere comprare, che devo attraversare, ma il semaforo è rosso, per questo mi sono avvicinata.

Lui non dice niente. Sono attratta da un libro che nel titolo porta la parola immagine. Non lo tocco, non lo prendo nelle mani, è freddo fuori, per le strade, e mi fermo poco. Il tempo di un semaforo rosso.

L’uomo non dice niente, guarda me che guardo “IMMAGINE”.

Poi guarda il semaforo, ora io guardo l’uomo, e scatta il verde.
Non mi muovo perché la mia testa ha iniziato a pensare a un’ immagine…
I piedi rimangono fermi. Mi dico che ci sarà un altro verde. Allora attraverserò.

Le piace Kafka?
Dico sì.
Allora prenda questo libro, glielo regalo, è un po’ rovinato…
Allungo la mano e prendo “Lettere a Milena”. È della stessa stessa collana di un altro vecchio libro che comprai a un mercatino quella volta in gita a Roma, “La linea d’ombra” di Conrad.
Dico quattro parole: grazie e Buon Natale.
Lo sto guardando negli occhi, adesso.
L’uomo non dice niente, sorride e annuisce.
È ancora verde.

(Bologna, dicembre, un po’ di anni fa.)

A luci spente. Follia dei colori

Appunti ritrovati

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settembre 23rd, 2015 Posted 13:36

Bologna, 2011
(appunti ritrovati)

Penso che ho una gran voglia di ballare. Nonostante sia in ufficio, nonostante stia affrontando un trasloco e da una settimana a questa parte non riesca ad andare a dormire prima delle 2 di notte. Ovviamente alle 7 in piedi. Nonostante stia facendo una fatica della Madonna ad andare avanti giorno dopo giorno, nonostante questo Paese sia scoraggiante per un “giovane” che ha voglia di sbattersi, e dico in qualunque campo abbia voglia di sbattersi. Nonostante la vita è dura, e lo è per tutti, ne sono certa, io non perdo la voglia di creare, di fare, di crederci, e proprio questa mattina ho una gran voglia di ballare. Vorrei dire a tutti quelli che incontro: Siate forti, siate felici. E ballate, mi raccomando.
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Ho riletto e mi sono fatta tenerezza. Mi sono ricordata di me che ero come sono oggi, entusiasta senza averne l’aria.

E così, di nuovo il terremoto

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maggio 29th, 2012 Posted 12:31

ore 12.00

A pensarci bene, credo che dovrei definirmi superficiale o forse incosciente. Stamattina ho sentito il terremoto. Io ho la certezza che ci sia il terremoto quando guardo la cartina dei vini appesa in salotto. Quando c’è il terremoto, io non so perché, mi trovo sempre in salotto. Alle quattro di mattina, alle nove di mattina, io sono sempre in salotto. Sveglia. Pensante. Penso ai libri, lì in salotto e mi gira la testa e non ho bevuto. E guardo la cartina dei vini, che dondola e i fili della luce fuori che dondolano a loro volta e i vetri della finestra che fanno quel rumore che non ha un nome preciso. Si muovono. I vetri si muovono, forse sfrigolano, forse tremano. A pensarci bene, dovrei definirmi superficiale o forse incosciente. Perché non esco. Credo che se quella dannata cartina di vini d’annata cadesse, allora uscirei così come sono. O forse nemmeno, aspetterei che la terra si fermi perché non è bene uscire sulle scale quando è in corso la scossa. Le scale sono le prime a crollare. Mi hanno detto così, che quelle ti vengono meno sotto ai piedi, meglio andare sotto al tavolo. Allora forse, se la cartina cadesse e la terra smettesse di tremare, uscirei. Ma siccome la cartina rimane attaccata al suo posto e niente si sposta in maniera significativa, niente cade per terra, niente si ribalta, io rimango lì immobile come uno stoccafisso. Stamattina ero in salotto, quando c’è stata la scossa e avevo un appuntamento poco dopo, dalle parti di Piazza Maggiore. Sono uscita per andare all’appuntamento. Era un appuntamento al terzo piano. L’ascensore in quel momento non era funzionante. Sono salita per le scale e ho suonato il campanello. E’ arrivata una signora che mi ha detto: ma lei cosa ci fa qui al terzo piano, non ha sentito la scossa di terremoto? Vada via, scenda in piazza. E allora sono scesa giù e sono andata in Piazza Grande e mi sembrava che tutti chiamassero con i cellulari. Anche io ho provato a chiamare qualcuno, ma le linee erano interrotte e così non avevo più nessun motivo per rimanere in piazza e sono tornata a casa. Ho letto sul web delle vittime che ci sono state, di quelli che sono rimasti magari incastrati in un capannone, di quelli che a causa del terremoto non ci sono più. Mi sono sentita scema, mentre riguardavo la cartina dei vini in salotto e rivivevo la scena. Mi sono sentita superficiale.

ore 13.10

Richiama mia madre, mi chiede com’è la situazione. Rispondo che fino a quando non cade niente per terra, per esempio la cartina dei vini o la billy che è già sbilenca di suo o i libri dentro la billy, io sto tranquilla e sto qui in casa. Poi richiama mia sorella, dice che viene a dormire qua stanotte, che da sola non ci sta a casa sua, io dico che sì, certo, deve venire all’ora che vuole, io sono qua a casa e non mi muovo. A meno che non cada la cartina dei vini. La verità è che comincio ad avere paura anche io, adesso, perché non possiamo niente di fronte al terremoto, possiamo forse soltanto andare in base a una dannata cartina. La guardo, è ferma lì appesa al muro. Non cade, è sicuro che non cade.

ore 15.00

Dovrei chiamare alcune persone per chiedere loro cose diverse dal come stai. Ha senso questa cosa?

ore 15.30

Alla tv dicono che alcuni negozi a Bologna, di quelli che vendono tende per accamparsi, sono stati presi d’assalto da diverse centinaia di terremotati. Che evidentemente, dai paesi più colpiti, non troppo distanti da qua, sono venuti a rifornirsi del necessario.

ore 16.30

Sono uscita a comprare le sigarette, mi pare che la città sia un po’ ovattata, ma forse è solo una mia impressione. Ho chiesto alla tabaccaia cosa ne pensava, se anche lei aveva per caso notato un certo rallentamento lungo la strada. Mi ha risposto di no, che lei ha lavorato come al solito, che ha fatto molte ricariche di telefonini, la gente ha chiamato forte per il terremoto. Dovrei contattare alcune persone per lavoro, continuare a lavorare, ma se lo facessi, mi sentirei una merda perché cosa vuoi che contino le mie scemenze di fronte al sisma, ai morti, ai feriti, agli sfollati, ai danni. C’è gente che soffre in Emilia, non troppo lontano da qua dove mi trovo io e il rispetto è la prima cosa. Continuerò a mantenermi aggiornata sulla situazione e parteciperò alla gara di solidarietà e continuerò a fare quello che devo fare al minimo per oggi. Guardo la cartina dei vini, penso che se dondola di nuovo, a sto giro la smetto di fare la cogliona ed esco subito.

ore 19.30

Servono tante cose alle persone colpite dal terremoto. Servono anche i soldi e trovo necessario nel mio piccolo contribuire. Dovrebbero farlo tutti. Il numero a cui mandare un sms è 45500. Mandando un sms doni 2 euro.  Adesso.

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I SALOTTI CRE-ATTIVI – PUNTATA 9

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novembre 11th, 2011 Posted 11:14

http://youtu.be/hVv5rnkstM8 (Puntata 9 su Youtube)

Immagine 9

I SALOTTI CRE-ATTIVI – PUNTATA 6

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ottobre 21st, 2011 Posted 11:15

http://youtu.be/1zohYncGRuU (Puntata 6 su Youtube)

Ho sognato che le persone avevano smesso di sognare poi ho sognato che quelle stesse persone senza i loro sogni si erano sgretolate. Ma anche da polvere continuavano a chiedersi fra di loro come era stato possibile che avessero perso la capacità di sognare.
Ho sognato che non c’era più ombra di cemento, che i bambini correvano scalzi sui prati senza paura di essere trafitti dalle siringhe. Che gli alberi erano alti e che c’erano adulti che si arrampicavano fino al cielo senza vergogna. Ho sognato che uno di questi uomini diceva agli altri che quella era la sua scalata al successo. Poi si è gettato dall’albero. E’ morto con il sorriso.
Ho sognato un circo dove gli animali facevano saltare nel cerchio infuocato gli uomini che invece di ribellarsi erano felici di gettarsi fra le fiamme. Ho provato a fermarli ma non mi hanno dato ascolto. Sono morti tutti e io sono rimasta sola.
Ho sognato che erano finite le scorte di amore e allora si ammazzavano i bambini perché, sentivo dire, sono esseri pieni d’amore. Mi sono messa a piangere. Era come se ammazzassero me.
Ho sognato un cavallo bianco e un antico cavaliere che voleva portarmi con sé. Aveva sbagliato epoca. E anche donna.
Ho sognato un pacco di fazzoletti da naso che io usavo per pulirmi il culo. Quando sono finiti non ho più usato niente. Ho preferito che la mia merda fosse evidente.
Ho sognato un carro armato guidato da soldatini di carta. Puntavano il cannone contro le ballerine, finchè una ballerina ha urlato : « tutto questo è un incubo »
Ho sognato un giradischi che suonava a vuoto. Era un trentatrè giri che si ribellava al mondo perché voleva essere un trentun giri. Allora è arrivato il capo della musica. Si chiamava proprio così. Il capo della musica. Ha guardato il vinile e gli ha detto : non puoi scegliere cosa essere. Per te decido io. Io ero in quella stanza così ho chiesto al capo della musica : « e per te, chi cazzo decide ? » Poi ho preso il vinile e l’ho fatto girare a casa mia come voleva lui. Con trentun giri.
Ho sognato che ero in un ristorante vietnamita che mangiavo con dei serpenti sotto spirito vicino al tavolo. Siccome un mio commensale provava un immenso schifo, ho preso i serpenti e li ho gettati dalla finestra. Ci tenevo che un mio commensale si gustasse la sua cena senza alcun elemento di disturbo. Poi però i serpenti si sono incazzati e ci hanno sfidati. Io non ci ho più visto e li ho fatti a pezzi. A loro e al proprietario del ristorante.
Ho sognato l’interno della balena. C’era anche Pinocchio. Io ero il grillo. Solo che invece di parlare di Geppetto, ci siamo messi a giocare a strip poker. Noi e le sirene. L’unico corpo accettabile era il mio.
Ho sognato che non volevo sognare i politici perché con il mio sogno li avrei offesi. E poi avrei corso il rischio di sognare anche il Papa e l’idea non mi allettava.

Testo di Silvia Castellani

Sottofondo musicale di Giacomo Paci con il pezzo intitolato “Guizzi”

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I SALOTTI CRE-ATTIVI – PUNTATA 4

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ottobre 9th, 2011 Posted 11:37

http://youtu.be/9vM8wSQjSVc (Puntata 4 su Youtube)

“Esperimenti di luce, acqua e sole-omaggio ad Aquafan”

Guardare, sedere e allacciare nudi desideri con le scarpe lasciate in disparte, sull’altra sponda, a sorvegliare.

- E io volevo andare all’Aquafan perché la sera prima avevo conosciuto quello di nome Alberto che secondo me era fichissimo!

Che sempre c’è l’ombra amica a riparare quel che accade nel mare di sensazioni che ci portiamo impresse nel cuore. Così i piedi possono finalmente godere, insieme alle gambe e ai loro pensieri, quella luce speciale che non ha nulla di artificiale ma solo la luccicanza di un raggio di sole.

- Che era stato Alberto a dire ci sei domani all’Aquafan e io sì certo, ci sono. Poi mi ero guardata i piedi, le unghie dei piedi e avevo passato la notte a metterci lo smalto fuxia.

Con il vento che refrigera il fare, nessuno si salva, prima o poi dall’essere protagonista di un tempo unico che tutto amplifica grazie a quel sorriso, quello sguardo, quel cenno risucchiati dall’onda emozionale che tutti travolge e qualcuno timido scansa, senza mai temere. Che proprio non può resistere agli scherzi e ai giochi di un’acqua indisciplinata che non se la smette di chiamare chi vuole partecipare.

- E sono arrivata all’Aquafan che sembravo un barboncino sperduto, che ho mangiato un maxibon un po’ scocciata e il sole picchiava sulle mie unghie e io di colpo sembravo tonta e anche triste e anche: dove diavolo è Alberto?

Andare, camminare, ricreare. Braccia che vanno, che insistono, che accelerano, corrono, inseguono. La propria ombra che si allunga, ti raggiunge e precede il sogno di un attimo. Braccia che bramano, tese raccontano e portano in coppia una storia unica. Braccia che danzano, riempiono, rallentano, riprendono e circondano lo spazio che vedono. E si fermano. Poi si concentrano e si chiamano. Persone. Che si sdraiano, dormono e sognano, mentre si abbronzano, di tutto quel mondo intorno.

- Ho aspettato fino a sera e ho studiato le schiene, i capelli, i motorini, le voci e gli accenti romagnoli, ma non c’era mica Alberto e io dovevo tornare a casa che il maxi bon era finito da un pezzo!

Si gongolano al pensiero sicuro che l’oggi è unico e muovono, insieme partecipano, che poi quell’attimo scivola via di nuovo, ancora, in quell’acqua che affascina e innocua ci culla mentre riflette le pose, le cose, le facce, le mani, le gambe, i pensieri che risplendono in mezzo a giochi d’acqua e di sole.

- Che io a dirla tutta non so nemmeno nuotare…

Testo di Silvia Castellani

Commenti in grassetto di Maria Silvia Avanzato

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I SALOTTI CRE-ATTIVI – PUNTATA 1

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settembre 17th, 2011 Posted 08:33

http://youtu.be/eflr1vuDUA8 (Puntata 1 su Youtube)

Silvia incontra Silvia a Bologna: è caldo, è tardi, è il destino. Magari è solo merito di Facebook. No, facciamo che è il destino, che fa più figo. Si tratta di quel tipo di destino che dice “tu e tu, scontratevi qui, adesso” e poi dice “pensatela uguale, scopritevi simili”. Entrambi scrittrici dal passato più o meno glorioso e dall’avvenire più o meno dubbio, si trovano d’accordo su un punto: si scrivono fiumi di carta, ma non c’è pubblico. E se c’è, ha altro da fare. Quindi l’idea: prendiamo un leggio e ci piazziamo in giro per le città, leggiamo di noi nei salotti cre-attivi. Leggiamo di noi, agli alberi, ai muri, al vento, alle strade. Leggiamo di noi al nulla. Vedrai che ci ascolta…

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I Salotti cre-attivi di Silvia&Silvia – Puntata 0

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luglio 12th, 2011 Posted 17:33

http://youtu.be/tdcX6WlQgoI (Puntata 0 su Youtube)

Un progetto video culturale nato dall’idea di due scrittrici, Silvia Castellani e Maria Silvia Avanzato.

Silvia incontra Silvia a Bologna: è caldo, è tardi, è il destino. Magari è solo merito di Facebook. No, facciamo che è il destino, che fa più figo. Si tratta di quel tipo di destino che dice “tu e tu, scontratevi qui, adesso” e poi dice “pensatela uguale, scopritevi simili”. Entrambi scrittrici dal passato più o meno glorioso e dall’avvenire più o meno dubbio, si trovano d’accordo su un punto: si scrivono fiumi di carta, ma non c’è pubblico. E se c’è, ha altro da fare. Quindi l’idea: prendiamo un leggio e ci piazziamo in giro per le città, leggiamo di noi nei salotti cre-attivi. Leggiamo di noi, agli alberi, ai muri, al vento, alle strade. Leggiamo di noi al nulla. Vedrai che ci ascolta…

A settembre 2011 su questi e altri schermi…

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I salotti cre-attivi

Una sera d’inverno alle prese con i Calzini

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gennaio 8th, 2010 Posted 13:03

foto in biaco e nero del libro di Alessandra Racca

La Signora dei Calzini sarà con me comprensiva se questa mia parola di scrivere a suo riguardo ha subito un rilevante ritardo. Non ci sono scusanti e le attenuanti sono corse a nascondersi, quando le ho mandate a chiamare per chiedere loro di farmi perdonare di una promessa che qui cessa di esser debito. Ora dubito del fatto che la Signora mi abbia giocato uno scherzetto, perché pensando ai suoi, di calzini, dei miei alcuni ne ho smarriti. Cose che capitano tra cassetti dismessi e versi messi a stendere fuori stagione. A metà novembre, una sera come tante, non avevo affatto voglia di uscir dalla mia tana per andarmene a sentire chissà quale fesseria per le strade di Bologna ma poi mi ritrovai… in un centro sociale che forse era tale, forse no. Un banchetto di libri proponeva insieme a testi di Alda Merini, una certa Signora dei Calzini che la mia curiosità si spinse ad indagare. C’era chi prometteva uno spettacolo a breve da quelle parti e lo spettacolo, di grazia, l’ebbi, soprattutto dopo aver avvicinato di mio la singolare Signora che, a un passo dal palco, dopo intenso parlare, mi disse emblematica: mi è scomparso il mal di testa. Fu così che una poesia di riscaldamento, insieme al vino, mi entrarono dentro insieme al wow di incitamento, con quella sapiente parodia di certi ruoli che nelle date situazioni ognuno fa per assumere. Gli oggetti si appendevano e « metri altrui », si discutevano in fase di presentazione perché « la poesia è fatta di parole, mica di naso ». Ma dipende, dice la Signora, il poeta deve essere ben capace di mentire, di essere pinocchio autentico. E io sì che son d’accordo con questa nobile teoria, pur non essendo mai d’accordo con la poesia (sto mentendo, è chiaro). Sono attenta, attentissima, ma poi succede che mi distraggo e allora il Super Io interviene « guarda che se ne accorge », dice, «  non mi importa », dico io, « guarda che pure la Signora qui presente si barcamena qua e là ». Già, anche lei picchia se stessa in barca con un remo. E lo confessa pure. Così diventa logico che una spugna assorba tutto il vino che c’è da quelle parti, sul palco e sotto. Cose che ti devi per forza togliere le scarpe col tacco, se non vuoi sentirti costretta a stare al gioco di tutti. Sono ospite in prima fila della Signora, e posso capire questa sporca questione legata alla dignità femminile. Ecco, nobile Signora, ora sì che piedi per terra possiamo parlare come si conviene. Lasciamo da parte l’oroscopo e i quel che accadrà, cosa accadrà, tanto nessuno lo sa. Iniziamo a parlare da « Una storia così », quella che mi hai raccontato tu a partire dalla tua scrivania che quando l’hai comperata stava su un prato. La mia, ora ti dico, la mia stava in un un vuoto. Quello della memoria che me l’ha riportata sana e salva, affinché potessi ricordarla. Vorrei poi sapere, mia santa Signora, di quanta parte di estraneità saranno composti i miei bambini. Lo so, questa domanda per prima tu te la sei fatta, ma è importante rifarsela e rifarla, se in una soluzione si vuole sperare, una soluzione pratica che non ha niente a che vedere con la « filosofia da fiori in vaso » perché anche se la condivido, non avertene a male e lascia che te lo dica, il senso non esiste per noi « gente con la tazza ». E ora, togliamoci i calzini e lasciamoli andare per il mondo, piccoli riti di passaggio a scorrere dentro un fiume in piena. Anzi, “Amare aperto”.

Ciao Alessandra, questo qua sopra, dopo aver visto il tuo straordinario spettacolo, è il mio omaggio per te.

Chi è Alessandra Racca: è poetessa di grande immaginazione che porta in giro una spettacolare performance “Eroticismi” fatta di parole, luci, suoni, ma pure sottovesti e calze a cui, per un fortunato caso, ho assistito. Ha scritto un bellissimo libro di poesie che ho letto e vi invito ad acquistare e che si intitola “Nostra signora dei calzini”. Edito da SEEd.